L’attentato a Trump e il nuovo ordine mondiale
L’attentato a Trump è solo l’ultimo colpo di scena della campagna per le presidenziali Usa. Fino al voto di novembre c’è da prevedere uno scenario carico di sorprese. Per questo la Fondazione San Benedetto ha voluto proporre, dopo quello organizzato nello scorso maggio, un nuovo incontro sulle elezioni americane che, ve lo anticipiamo perché possiate già fissarlo in agenda, si svolgerà venerdì 27 settembre alle 18 a Brescia al Centro Paolo VI. Ritorneranno a darci un quadro aggiornato sulla corsa alla Casa Bianca due relatori estremamente qualificati come Marco Bardazzi, giornalista che sta seguendo le elezioni Usa per il Foglio, e Lorenzo Pregliasco, analista politico e fondatore di YouTrend. Il risultato delle presidenziali americane avrà conseguenze che andranno ben oltre i confini degli Stati Uniti e che incideranno sugli assetti del mondo occidentale e sugli equilibri globali. Tutto questo in un momento in cui «la democrazia non gode di buona salute» (come hanno detto in questi giorni il Papa e il presidente Mattarella), le controversie internazionali crescono, la diplomazia viene emarginata e si spalancano le porte alla guerra. Se si guarda cosa sta succedendo c’è da chiedersi se non si stia costituendo un nuovo ordine mondiale in chiave antioccidentale. In tale situazione continuare a ragionare con i vecchi modelli significa scomparire. Serve un nuovo pensiero che sappia guardare lontano. Lo sottolinea Luciano Violante in un articolo pubblicato pochi giorni fa sul Corriere della Sera di cui vi proponiamo la lettura. «Senza un pensiero superiore che si alzi dalle contingenze e proponga un nuovo futuro – scrive -, l’Occidente rischia di finire nelle grandi mostre di antiquariato, alle cui inaugurazioni saranno certamente presenti Putin, Xi, Modi e Kim Jong-un».
L’Occidente deve pensare in modo nuovo
Non può essere solo la guerra a risolvere le controversie internazionali. La politica occidentale si suiciderebbe se continuasse a pensare, per forza di inerzia, con i vecchi modelli del razionalismo illuministico
di Luciano Violante
dal Corriere della Sera – 17 luglio 2024
L’occupazione militare da parte di uno Stato di territori appartenenti ad altre popolazioni costituisce oggi il carattere dominante della geopolitica. il diritto è uscito di scena e la forza ha preso il sopravvento. Carl Schmitt ci ha spiegato che l’occupazione della terra produce fatti politici perché le forme del dominio diventano pubblicamente visibili. È quello che sta accadendo in Ucraina, a Gaza, nella Transnistria e nelle relazioni sempre più difficili tra Cina a Taiwan. Ed è quello che potrebbe avvenire tra Ungheria e Ucraina perché nei giorni scorsi Viktor Orbán ha rivendicato l’annessione all’Ungheria della Transcarpazia, una regione dell’Ucraina dove vivono un milione e duecentomila persone, 157 mila di origini ungheresi. È una rivendicazione che potrebbe cementare il comune interesse di Putin ed Orbán alla revisione dei confini dell’Europa centro-orientale.
D’altra parte la Nato e l’Ue, che si sono sentite minacciate dall’intervento di Putin, non hanno proposto una nuova dottrina delle relazioni internazionali; hanno risposto con una moneta analoga, allargando o promettendo di allargare i propri confini. Emarginata la diplomazia, irrise le regole del diritto, è rimasta la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Le controversie potrebbero moltiplicarsi, seppure per altre ragioni.
Nel 2050, ad esempio la popolazione del mondo sorpasserà i 9 miliardi di abitanti che avranno bisogno di acqua e di cibo; ci sono, dati Fao, circa 2.600 milioni di ettari utilizzabili per l’agricoltura, non ancora utilizzati. Una qualche potenza in grado di farlo, prima o dopo cercherà di occuparli, rivendicandone il possesso, se necessario, anche per via militare. Problemi analoghi si potranno porre per lo spazio. Da oggi sino al 2032 partiranno 13 missioni, per la utilizzazione di risorse spaziali. Secondo un rapporto firmato quest’anno dal World Economic Forum e da McKinsey, l’economia spaziale, che oggi si assesta intorno ai 630 miliardi di dollari, dovrebbe raggiungere 1,8 trilioni di dollari entro i prossimi dodici anni. Nel passato si riteneva che lo spazio fosse un bene comune dell’umanità; ma oggi le tensioni politiche, economiche e militari che si sviluppano sulla Terra e l’entità delle ricchezze acquisibili hanno aperto la strada a un libero diritto di appropriazione.