• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Tamaro: la vita è qualcosa di appassionante

Tamaro: la vita è qualcosa di appassionante

  • Data 27 Gennaio 2024

In occasione dell’uscita del suo ultimo libro “Il vento soffia dove vuole” la scrittrice Susanna Tamaro, che ricordiamo anche per essere stata nostra ospite cinque anni fa al Mese Letterario, ha rilasciato un’interessante intervista che riprendiamo da Vatican News, nella quale spazia dai legami familiari alla condizione dei giovani, dal ruolo della cultura e degli artisti all’invasione dei media negli spazi della vita, per arrivare fino alla fede. “Noi – sottolinea nell’intervista – immaginiamo la fede come un obbedire supinamente a delle cose che ci vengono ordinate dall’alto ma non è così, ora più che mai Dio ama i ribelli a questo mondo che va verso la barbarie, verso la follia, verso la disumanità più totale”. Un testo che vi invitiamo a leggere integralmente (è disponibile anche la versione audio dell’intervista) per i numerosi spunti di riflessione che offre in un momento di smarrimento come quello che stiamo vivendo segnato dalla tragedia della guerra.      

Ultimi giorni per acquistare i biglietti per lo spettacolo teatrale “Father & Freud”

Giovedì 1 febbraio alle 21 a Brescia, al Teatro Der Mast di via Carducci 17/E, promosso dalla Fondazione San Benedetto è in programma lo spettacolo “Father & Freud” con Glauco Maria Genga e Giovanni Spadaro, musiche di Andrea Motta e regia di Adriana Bagnoli. Uno psicoanalista e psichiatra insieme a un giovane attore portano per la prima volta a teatro una pagina poco nota della vita e del pensiero di Sigmund Freud. Il suo viaggio ad Atene nel 1904 e lo stupore di fronte alla bellezza dell’Acropoli accendono una luce nuova sul tema che da sempre è il cuore della riflessione filosofica e psicoanalitica: il padre. La sfida dello spettacolo è quella di portare il pubblico dentro la quotidianità di un genio, avvicinando la sua vita prima che le sue opere. Non ci rivolgiamo solo agli addetti ai lavori, che troveranno comunque un approfondimento storico e biografico molto fedele, ma anche ai neofiti, ai giovani, a chi non ne sa nulla, perché semplicemente possa avvenire l’entusiasmante incontro con un uomo e con il suo pensiero. 

Il biglietto costa 20 euro (più il fee di prevendita) e va acquistato online cliccando il seguente link  https://www.ticketsms.it/event/Father-And-Freud-Der-Mast-2024-02-01


“Dio ama i ribelli”

intervista a Susanna Tamaro di Adriana Masotti – 21 gennaio 2024

da Vatican News – Radio Vaticana

“Un inno alla forza dei legami famigliari e all’importanza di dare un senso alla nostra vita”: così si presenta il più recente libro di Susanna Tamaro Il vento soffia dove vuole, pubblicato dall’editrice Solferino.

La scrittrice Susanna Tamaro (foto Fondazione San Benedetto)

La descrizione che si trova nella seconda di copertina del volume prosegue: “Ci sono momenti nella vita in cui si sente il bisogno di prendersi una pausa e ripercorrere con calma le tappe della nostra esistenza. Così Chiara, alla soglia dei sessant’anni, approfittando dell’improvviso silenzio che avvolge la sua casa in collina, decide di scrivere tre lettere”. La prima ad Alisha, la figlia adottiva di origini indiane, la seconda a Ginevra, la figlia naturale, e la terza al marito Davide, pensando che un giorno la leggerà anche il figlio Elia, ancora troppo piccolo. A legare tutte è il sentimento dell’amore della madre, declinato nei diversi linguaggi in cui si esprime nei confronti degli altri. “Il vento soffia dove vuole ci cattura, ci consola e ci guarisce”, si legge ancora nell’introduzione e, al microfono di Vatican News/Radio Vaticana, l’autrice afferma che il suo desiderio era donare un po’ di bellezza e di speranza ai lettori in un tempo particolarmente triste e difficile.

“L’espediente di Chiara, la protagonista, di scrivere lettere ai membri della sua famiglia – scrive L’Osservatore Romano il 2 dicembre scorso nella recensione al volume – non è nuovo, ma attraverso la descrizione della relazione con ciascuno di essi racconta frammenti importanti della sua vita. In ciascuno lei scende molto in profondità nei pensieri e nelle emozioni che si trovano al centro del suo cuore”. Nel racconto emerge il percorso di Chiara che la porta da un’iniziale indifferenza nei riguardi del trascendente fino alla conquista della fede e al battesimo ricevuto insieme al piccolo Elia. “Pagina dopo pagina – scrive ancora il quotidiano vaticano – si dipanano i giorni di una donna forte che ha vissuto gli ultimi 40 anni della nostra storia e se non è stata protagonista della Storia, ne ha attraversato le derive approdando a una propria sintesi che nella piccola storia di ogni giorno ha bisogno di essere rivista e consolidata”. Prendendo spunto dal libro Il vento soffia dove vuole, i temi di conversazione con Susanna Tamaro sono numerosi e di grande attualità, sia che si tratti della “dittatura” dei social, dei rapporti tra genitori e figli, dell’accoglienza della vita, sia che si voglia ragionare dei legami famigliari e dell’amore, o ancora della dimensione spirituale spesso oggi negata o scarsamente presa in considerazione.

Susanna Tamaro, cominciamo dalla struttura del libro: come in alcuni dei precedenti, lei affida alla forma della lettera il racconto della storia e dei sentimenti dei protagonisti. Perché questa scelta, perché scrivere lettere quando quasi nessuno più oggi le scrive, che cosa rappresenta per lei scrivere una lettera?

Effettivamente scrivere lettere è per me una forma di ribellione a questo tempo che divora ogni sentimento, ogni emozione, ogni pensiero. Ho letto che le Poste stanno togliendo tutte le cassette delle lettere perché non servono più. È stato un atto di continuazione di Va dove ti porta il cuore anche se in quello c’era un’unica voce, mentre qui volevo far sentire una sinfonia di voci che si completavano a vicenda. È stato molto difficile, perché intrecciare tre lettere a tre persone diverse raccontando gli stessi eventi è stato molto impegnativo dal punto di vista narrativo, ma penso anche importante perché solo la lettera ci permette di andare in fondo all’anima, in fondo ai pensieri, di non mentire, di non nascondere e di metterci a nudo in maniera innocente.

Partendo dalle pagine del suo libro abbiamo modo di affrontare tanti temi. Ad esempio, la difficoltà della coppia della storia ad una nuova maternità dopo un’interruzione di gravidanza, ma anche della decisione non facile di accogliere un figlio non proprio…

Sì, è un libro in fondo tutto sulla maternità, su che cos’è accogliere la vita: un figlio non voluto, rifiutato, un figlio che arriva non si sa da quale storia, e un figlio diciamo ufficiale, dunque c’è l’amore oblativo verso il figlio adottato, l’amore rifiutato e poi l’amore classico di una madre perché credo che in questo tempo siamo tanto carenti di amore materno. La nostra è una società sempre più selvaggia, sempre più crudele, le donne inseguono miti che le sradicano da loro stesse, e l’idea che l’amore è accoglienza, ascolto, crescita e accettazione anche della diversità è ormai scomparsa dal nostro orizzonte. Ma quando hai un figlio adottivo e un figlio tuo, già ti devi confrontare con due realtà molto diverse, ma entrambe immerse nell’amore, così come quel figlio che avevi rifiutato – e che non è una massa di cellule come si dice adesso e che comunque sarebbe diventato un bambino – dunque anche quello è un amore, è una voragine, ma c’è quella voragine e non si può ignorare.

L’incontro di Chiara con Davide, il futuro marito, è un incontro tra due mondi differenti e viene fuori la difficoltà ad amare, ad essere amati, ma anche la difficoltà ad impegnarsi per la vita. È un po’ un ritratto della nostra società? 

Sì, volevo fare un personaggio maschile positivo perché il mondo non è fatto di uomini stupratori, maltrattatori ecc…, ci sono tanti uomini, ringraziando il cielo, degni di questo nome. Davide è un uomo forte, che ha dei valori, è un uomo che crede nella famiglia e viene da un mondo socialmente opposto a quello di Chiara, e questo era molto importante da raccontare per dire come si superano le differenze sempre attraverso l’amore.

Nel libro è presente con forza il tema del trascendente e della fede, anche dei limiti e delle nostre fragilità. Insomma, mi sembra che lei voglia dire che la persona umana, noi, siamo più di quello che ci fanno credere di essere, dei meri consumatori ad esempio…

Assolutamente, il discorso della fede è centrale qui come in tutti i miei libri, ma in questo raggiunge il punto finale in qualche modo, perché Chiara proviene da una famiglia atea, non è neanche battezzata, mentre Davide viene da una famiglia cattolica e questo si percepisce nella sua solidità rispetto alla fragilità di Chiara, ma Chiara ha questo anelito da sempre, perché è un anelito che noi abbiamo nell’anima dalla nascita ma che viene totalmente negato dalla società che ci vuole consumatori e manipolabili. E invece la persona umana è di una enorme complessità e dunque Chiara fa un cammino di fede e il marito non fa nulla mai per convincerla, ma la vita accanto a lui la porta a capire che quello è il percorso che le darà la totalità della vita. E alla fine, dove si dice che Dio ama i ribelli è vero: noi immaginiamo la fede come un obbedire supinamente a delle cose che ci vengono ordinate dall’alto ma non è così, ora più che mai Dio ama i ribelli a questo mondo che va verso la barbarie, verso la follia, verso la disumanità più totale.

E poi il tema del dolore: Davide, medico pediatra, viene accusato falsamente di pedofilia e qui emerge la scoperta del valore che il dolore può avere. Mi sembra che si può scrivere di questo solo se lo si è sperimentato in qualche modo…

Certo, io sono stata oggetto di linciaggio mediatico per tanti anni e quindi sono molto esperta di queste cose e del come una persona può venire distrutta e in questi tempi le cose sono tanto peggiorate perché abbiamo i social, abbiamo la macchina del linciaggio che facilmente va fuori controllo per cui basta, appunto, un evento casuale come quello che capita a Davide per scatenare una macchina del fango con tutte le conseguenze. Credo che per una persona onesta, pura di cuore, questo sia un enorme shock, ma è solo nel dolore profondo che troviamo le verità più luminose della nostra fede altrimenti sarebbe senza radici. Dunque, è un passaggio molto importante che dà forza a Davide, come anche la famiglia che in quel momento gli è vicina e lo sostiene.

A trent’anni da “Va dove ti porta il cuore”, con questo libro veniamo riportati all’interno di complesse dinamiche generazioni. La famiglia è fondamentale ma non è certo una realtà facile da vivere. Del rapporto tra le generazioni parla spesso anche il Papa come un nodo importante nella vita di tutti.

È un nodo fondamentale ed è un nodo gravemente rimosso, invece noi veniamo da una genealogia, noi siamo il frutto di tutte le persone che ci hanno preceduto e solo in base a questo diventiamo persone vere. Se togliamo la genealogia siamo veramente delle foglie al vento perché non abbiamo nessuna radice. Ma questa società che vuole uomini manipolabili, uomini consumatori, non desidera altro che tagliare la nozione di radice.

Giovedì scorso Papa Francesco ha chiesto agli artisti della Fondazione Arena di Verona, di continuare “a donare felicità, diffondere serenità, comunicare armonia”. In questo periodo particolarmente triste lei pensa che il mondo della cultura, può svolgere un ruolo particolare per aiutarci a capire la realtà e a non perdere la speranza?

Assolutamente sì, anche se c’è smarrimento e incapacità, perché abbiamo negato per tantissimi anni l’esistenza di un bene che ci trascende. Il bene viene considerato qualcosa di prêt-à-porter, ma questo non funziona e proprio in momenti come questi si capisce che è molto importante capire da che parte stare, non avere un’opinione, sto con questo o con quello, ma sto col bene o sto contro il bene. Ma è possibile che persone che come me sono nate poco dopo la seconda guerra mondiale, che abbiamo ancora presente la guerra nei racconti dei nonni, dei genitori, dobbiamo vedere i bombardamenti e queste cose che pensavamo archiviate per sempre e che non sarebbero più successe, mentre tutte le organizzazioni internazionali sono “acqua fresca”, non servono a nulla, perché… è successo? Io quando ho scritto Il vento soffia dove vuole avevo proprio il desiderio di scrivere un libro che lasciasse serenità, speranza, che desse l’idea che la vita è una cosa appassionante e che si costruisce attraverso l’amore perché credo che, come ha detto il Papa, gli artisti hanno il dovere in questo momento di parlare della positività della vita e dell’amore e anche delle difficoltà di questo, perché non è passeggiata, però è l’unica via che ha l’uomo per essere se stesso. Dunque è un compito importantissimo per gli artisti parlare della bellezza, dell’amore e della gratuità.

Susanna Tamaro, che cosa le piace di questo nostro mondo e che cosa invece la fa soffrire di più?

In questo momento mi fa soffrire quasi tutto, in particolare questo smarrimento anche creato volutamente. Sono contenta quando incontro i ragazzi che si ribellano, che sono curiosi, che vanno alla ricerca di una realtà che gli appartiene più di quella che gli viene proposta. Mi sono accorta in questi anni di quanto bisogno hanno i ragazzi di avere modelli positivi, persone che parlino loro anche con durezza, ma con chiarezza, di non avere mistificazioni. Io credo molto nei ragazzi che coltivano l’inquietudine e che riescono ad uscire dalla palude nella quale vengono spinti fin da piccoli dall’invasione perversa dei media.

Che cosa invece le piace della sua vita e che cosa vorrebbe cambiare?
Mi piace tutto. Diciamo che nella mia vita io ho sofferto veramente tantissimo ma credo che questo fosse il prezzo da pagare per poter andare più profondità in ogni racconto. Quello che mi piace è che ho costruito una vita piena di amore, sono circondata da persone che vivono nell’amore, e questa è l’unica cosa che ha senso nella vita perché quando chiuderemo gli occhi non ci ricorderemo di aver posseduto una certo modello di automobile o di aver vinto un premio letterario, ma penso che ricorderemo soltanto l’amore che abbiamo dato o ci pentiremo di quello che non abbiamo dato. Dunque io sono contenta perché intorno a me ho una vita costruita tutta di amore.

Tag:Susanna Tamaro

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Il dramma irrisolto del «Vangelo» di Pasolini 
27 Gennaio 2024

Prossimo articolo

Verso le elezioni europee, cosa ci interessa veramente
4 Febbraio 2024

Ti potrebbe interessare anche

È la letteratura la vera educazione affettiva
15 Novembre, 2025

In queste settimane la discussione sulla cosiddetta educazione affettiva o affettivo-sessuale nelle scuole è subito degenerata in uno scontro nel quale più si alza il volume delle polemiche pretestuose più diventa difficile comprendere veramente i termini della questione. Da molti anni sulla scuola è stato scaricato qualunque tipo di «emergenza sociale» che avesse a che fare con le generazioni più giovani cercando di approntare risposte con tanto di istruzioni per l’uso e ricette alla bisogna attraverso l’intervento degli immancabili esperti, di sportelli psicologici, etc. L’ora di educazione affettiva è solo l’ultimo anello di una lunga catena. Un vero disastro.

Due settimane fa su Repubblica lo psicoanalista Massimo Recalcati aveva chiaramente sottolineato che l’educazione affettiva «non può essere considerata una materia di scuola tra le altre, non può ridursi a un sapere tecnico perché tocca ciò che di più intimo, inafferrabile e bizzarro c’è nella soggettività umana. L’idea che il desiderio possa essere oggetto di un sapere specialistico rivela un equivoco profondo: la sessualità non si insegna come si insegna la grammatica o la matematica. E poi chi dovrebbe insegnarla? Un biologo? Uno psicologo? Un insegnante di scienze naturali? Un tecnico appositamente formato? La sessualità non è un sapere universale da trasmettere, ma un’esperienza del tutto singolare e incomparabile che deve essere piuttosto custodita». 

Su questa lunghezza d’onda nella newsletter di oggi vogliamo proporvi la lettura dell’editoriale di Giuliano Ferrara pubblicato sul Foglio nei giorni scorsi. «Questa cosa – esordisce l’articolo – dell’educazione affettiva o affettivo-sessuale, col permesso dei genitori, mi sembra una castroneria». Ferrara suggerisce piuttosto la via dell’educazione sentimentale attraverso la letteratura, cominciando magari da Flaubert. L’ora di educazione affettiva fatta da insegnanti, specialisti, psicologi, in collaborazione scuola famiglia, è solo «un modo di abbrutire e diminuire la personalità degli alunni e delle alunne».  È un’ondata «di affettivismo psicologico priva di carisma e di fascino». «Si rivolgano – aggiunge Ferrara – alla letteratura, se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nella e nelle relazioni affettive e sentimentali». Parole sacrosante che sentiamo molto vere nella nostra esperienza. Non è stato infatti per un pallino culturale che come Fondazione San Benedetto quindici anni fa abbiamo lanciato a Brescia il Mese Letterario riconoscendo nella letteratura, e in particolare nelle opere di alcuni grandi scrittori o poeti, quel fuoco che è alimentato dal desiderio di bellezza e di verità che è nel cuore di ogni uomo e che molto c’entra con l’educazione dei nostri affetti. Per Ferrara quindi  affidare l’educazione dei sentimenti e dell’amore, questo «incunearsi nella spigolosità e nella rotondità delle anime», «a uno spirito cattedratico o a una expertise di tipo sociale», sarebbe «un errore che si potrebbe facilmente evitare con il ricorso a racconti e storie interessanti». Racconti e storie che la letteratura, attraverso la lettura, ci offre a piene mani. 

Pier Paolo Pasolini e Anna Laura Braghetti, due storie che ci parlano
8 Novembre, 2025

Pier Paolo Pasolini, di cui il 2 novembre sono stati ricordati i cinquant’anni della sua uccisione. Anna Laura Braghetti, brigatista rossa, morta giovedì a 72 anni, che fu carceriera di Aldo Moro e che nel 1980 sparò uccidendolo al vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet. È di loro, di Pasolini e di Braghetti, che vogliamo occuparci in questa newsletter soprattutto per «fissare il pensiero» su alcuni spunti che la loro storia personale ci offre e che riteniamo significativi per noi oggi. Su Pasolini vi proponiamo un intervento del filosofo Massimo Borghesi, che lo definisce «un grande intellettuale, come pochi in Italia nel corso del Novecento» capace di interpretare con largo anticipo i cambiamenti che ora stiamo vivendo.
In particolare Borghesi si sofferma sulla posizione di Pasolini rispetto al ’68: «L’antifascismo inteso come progressismo, cioè come lotta alla reazione, per Pasolini non era più alternativa democratica, ma il modo con cui si realizzava un nuovo fascismo. Questa è l’intelligenza di Pasolini sul passaggio tra anni Sessanta e Settanta: vede nascere una nuova ideologia apparentemente progressista ma funzionale a un nuovo potere di destra». Per Borghesi Pasolini, a differenza di Marcuse, è disincantato, «capisce che il ’68 è rivolta della borghesia, non del proletariato: non trovi un operaio nella rivolta del ’68. È una rivolta degli studenti, dei figli della buona borghesia delle città. E qual è il messaggio del ’68? Un nuovo individualismo di massa. Serve ad abbandonare – contestare, distruggere – i vecchi valori cristiano-borghesi del dopoguerra, e così crea l’uomo a una dimensione: senza radici, senza legami, contro famiglia ed elementi comunitari. Favorisce un individualismo di massa egoistico e solipsistico, trionfo della società borghese allo stato puro».
Pasolini non aveva forse intravisto il mondo in cui oggi siamo immersi?  Per questo val la pena leggerlo e rileggerlo. E come Fondazione San Benedetto l’abbiamo messo più volte a tema negli incontri del Mese Letterario, già sin dalla prima edizione.
Sulla storia di Anna Laura Braghetti vi invitiamo invece a leggere l’articolo di Lucio Brunelli apparso sull’Osservatore Romano. Dopo aver ripercorso le sue tappe come terrorista, Brunelli sottolinea che poi in Braghetti maturò il pentimento: «Un pentimento graduale e autentico, quindi lancinante, consapevole del terribile male compiuto. E compiuto – questo il paradosso più drammatico di quella storia – in nome di un ideale di giustizia». Fino all’incontro in carcere con il fratello di Bachelet. «Da lui – raccontava Braghetti – ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile».
A un convegno sul carcere organizzato dalla Caritas, qualche tempo dopo – ricorda Brunelli -, «la Braghetti incontrò il figlio di Bachelet, Giovanni. Si riconobbero e si salutarono. Giovanni le disse: “Bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato”. Anna Laura commentò: “Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene”». Questa la conclusione di Brunelli: «Forse sono ingenuo o forse è la vecchiaia ma ogni volta che leggo queste pagine mi commuovo nel profondo. E penso che solo un Dio, e un Dio vivo, può fare miracoli così».

Il Cristo di Manoppello e Sgarbi trafitto dalla bellezza
1 Novembre, 2025

«Nei mesi attuali di oscurantismo, immersi nell’orrore di Gaza, nella guerra in Ucraina, nell’oppressione della cronaca, anche personale, mi convinco che vi sia molto più Illuminismo cioè quella tendenza a invadere il reale di razionale – nel pellegrinaggio al Cristo di Manoppello che non nella realtà di oggi, che sembra imporci comportamenti irrazionali». Lo scrive Vittorio Sgarbi in un articolo sul settimanale «Io Donna» a proposito del Volto Santo di Manoppello, il velo che porta impressa l’immagine del volto di Gesù, custodito nella chiesa di un piccolo paese in provincia di Pescara. Una reliquia di origine misteriosa di fronte alla quale passa in secondo piano se sia l’impronta di un volto o un’immagine dipinta. Per Sgarbi «quel volto è il volto di Cristo anche se non è l’impronta del suo volto, perché è ciò che la nostra mente sente essere vero, non la verità oggettiva di quella cosa». Si dice trafitto dalla «sua bellezza, che splende più della sua verità, cioè della sua vera o presunta corrispondenza al volto del vero Gesù, “veramente” risorto». Ecco oggi l’esperienza di cui più la nostra vita ha bisogno è proprio questo essere feriti dal desiderio della bellezza. Solo questa esperienza può mobilitare ragione, intelligenza e volontà a prendere sul serio la nostra sete di infinito, spingendo a non accontentarsi di false risposte tanto comode quanto illusorie. E si può solo essere grati che a ricordarcelo sia un inquieto e un irregolare come Sgarbi.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy