• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • Terremoto, tra domande furenti e una speranza da tenere viva

Terremoto, tra domande furenti e una speranza da tenere viva

  • Data 12 Febbraio 2023

di Marina Corradi

da Avvenire – 8 febbraio 2023 

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/furenti-pure-le-domande

Una telecamera in una strada turca ha ripreso l’attimo dell’inizio. Quando, sotto a un bagliore di fulmini, la terra ha cominciato a scricchiolare, poi a scuotersi, sempre più rabbiosa, di dosso quei palazzi, quelle case che per decenni e persino per secoli avevano retto. Orribile il suono dei muri che ballano prima di aprirsi, del cemento armato che sembra ribellarsi, non vuole cedere, e poi in un clangore schianta. E dopo il boato spaventevole, il silenzio: e nebbia, solo una fittissima nebbia sulla città.
Città? Al mattino, dall’alto, nel ronzio dei droni parranno, quelle falangi di palazzi accartocciati, nidi di formiche. Nei bar sotto casa in Italia la gente guarda lo schermo della tv per due minuti, muta. Poi non regge, volge lo sguardo a terra, paga il caffè ed esce. Troppo, troppo male in Turchia, e in Siria, già massacrata dalla guerra. Un insostenibile male.
In verità, penso fra me andandomene a capo chino come gli altri, il peggio è ciò che in quelle immagini non si vede: sotto, dentro il cemento, nelle intercapedini in cui ancora un po’ d’aria resta.

Le madri con i loro bambini prigionieri, il figlio che ti muore fra le braccia, le grida, i lamenti. Nel buio e nella polvere che brucia gli occhi, e la gola. Acqua, acqua, implorare un goccio d’acqua. Battere disperatamente contro un muro, ma nessuno ti sente. Il raspare disperato di un cane che cerca il suo padrone. Come cento atomiche, è stato detto, non un sisma ma un’enorme furia, un’apocalisse sul sonno delle famiglie, dei bambini. Una mole, un Vajont di dolore innocente. (Ma, non è scritto che «Ogni capello del vostro capo è contato»?, ti interpella acremente una domanda). Al pensiero di ciò che accade sotto le case crollate, e che non sapremo mai, mi è quasi meno doloroso quell’affannarsi frenetico di soccorritori sulle macerie, con le scale, con le ruspe, con i badili e le mani. Cercano, prima di tutto, i bambini, che, piccoli, possono sopravvivere per ore in minimi spazi. Se ne vede in un video una che carponi, in pigiama, scivola fuori da sotto una lastra di cemento, Come un gatto. O come un miracolo. Se ne vedono, neonati, in braccio a uomini che forse non sono i loro padri, eppure piangono di gioia, nel sentirseli caldi sul petto, nel sentirli vivi. Commuovono, i soccorritori visti dall’alto dei droni, così piccoli, su quello sfacelo. Che può fare quella ridicola ruspa, sulle rovine di dieci piani di cemento? Eppure, come si affannano, come rischiano la loro stessa vita, come si fermano di scatto, se appena sembra di cogliere, da là sotto, una voce. Gli uomini sanno anche, a volte, essere buoni. (A volte. In Siria, ancora fresco è il sangue di un altro massacro. In Ucraina tuonano i cannoni). Ma, mi dico fissando l’asfalto del marciapiede, gli occhi a terra, io proprio non capisco, e mi ribello. Tutta quella morte, sul sonno migliaia di bambini che sognavano il giorno, la mamma, la scuola. Lo comprendo, l’Ivan dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij che voleva « restituire il biglietto » . Il biglietto per questa vita, restituirlo, come rinunciando a un giro di giostra troppo caro, dal costo insostenibile: non trovando risposta né pace, di fronte al dolore innocente.

Eppure quei là, laggiù, si affannano a scavare, a salvare, e aiuti stanno arrivando da tutto il mondo, cibo, farmaci e non armi, per una volta. Così radicato nell’uomo è anche un desiderio di bene, accanto a tanto male. Te ne stupisci, quasi. Perché, se fossimo figli del nulla, dovremmo desiderare, anche, il bene? C’è da attaccarsi a questo pensiero come a una corda di salvataggio. C’è da pregare, da soffrire con, e aiutare. Che roba è stata due giorni fa in Turchia, sotto a quel cielo di fulmini, che roba è stata quel furore della terra? C’era forse anche la notte del 6 febbraio 2023 in Turchia e in Siria, nella notte del Sabato che Cristo ha traversato? C’erano, anche, quei bambini? Smettila, dico a me stessa, che vuoi capire. Non c’è risposta a tanta sofferenza. Solo, ostinata, coriacea anzi, mi resta dentro una speranza: oggi vediamo confusamente, come in uno specchio, ma un giorno vedremo “faccia a faccia”.

Il nunzio Zenari: il mondo aiuti Aleppo, serve subito un cessate il fuoco

di Luca Geronico

da Avvenire – 8 febbraio 2023

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/terremoto-siria-turchia-carinale-zenari-aiuti-aleppo

Appello del cardinale per la città martire ora dilaniata anche dal sisma dopo la guerra civile la Siria: voglio sperare che il senso di umanità prevalga, tacciano le armi, rimbocchiamoci le maniche

«Qui le temperature sono molto rigide. Partendo questa mattina da Damasco abbiamo trovato la neve: la gente sfollata, cominciamo dal sottolineare questo, vive in questa situazione climatica molto dura». Ha appena terminato la visita alle comunità religiose e alle comunità cristiane colpite dal terremoto ad Aleppo, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, quando risponde ad Avvenire. Parrocchie e conventi trasformatisi nel volgere di una tragica notte in primi centri di accoglienza e di coordinamento spontaneo degli aiuti degli aiuti.

«Sono incontri molto toccanti, l’ultima era una comunità che ora accoglie mille persone. Tutti mi dicono che la gente ha molto paura: pure io poche ore fa, mentre visitavo una chiesa, ho sentito il pavimento tremare. La gente ha paura di rientrare nelle case, non sono più stabili, spesso danneggiate dagli anni di guerra. Sinora non ho visto molte case rase al suolo, ma i danni peggiori sino quelli che non si vedono all’esterno: le fessure che le rendono inagibili. Un palazzo di sei piani, che ho visitato, è rimasto in piedi solo per metà. Nella parte rimasta illesa abitava un vescovo emerito, in quella crollata il suo segretario, un sacerdote di 50 anni trovato poi estratto morto da sotto le macerie.»

Cardinale Mario Zenari, come si può intervenire per portare aiuti umanitari in questa tragedia, tenendo conto anche della situazione politica molto complessa della Siria. Il governo ha ribadito di voler gestire gli aiuti su tutto il territorio della Siria…

È un punto molto delicato, credo che questa tragedia sia un test umanitario sia per la Siria, sia per la comunità internazionale. Tutti devono essere capaci di superare contrasti, conflitti: purtroppo qui in Siria siamo in una situazione di guerra non ancora superata. Voglio sperare che il senso di umanità prevalga, si possa arrivare a questo auspicato cessate il fuoco, che tacciano le armi e che ci si rimbocchi tutti quanti le maniche per soccorrere la gente bisognosa. E poi indurre la comunità internazionale a superare gli interessi politici, le divisioni politici: qui c’è da soccorrere l’umanità tout court. Sarà un test di umanità e saremo giudicati tutti di fronte alla storia: la Siria che deve superare divisioni e conflitti interni, come la comunità internazionale. Un test di umanità.

Eminenza, ma che grido ha visto levarsi in queste tragiche ore da Aleppo, che è una città simbolo di tutte le sofferenze e le contraddizioni del popolo siriana?

Aleppo è una città martire. Mi ricordo quello che ha vissuto questa città nel 2016, negli ultimi giorni della terribile battaglia di Aleppo nevicava e pioveva mentre centinaia di migliaia di sfollati fuggivano dalla città. Questa è gente che ha sofferto il martirio, ogni genere di armi sono state sganciate su questa popolazione, poi è stata quella che io chiamo la “bomba della povertà”, con oltre il 90% della popolazione sotto la soglia sussistenza e adesso questa orribile catastrofe naturale. Ora la gente, anche i religiosi ti ti chiedono: perché ora anche questa tragedia? Difficile rispondere, qui c’è solo la risposta della solidarietà.

Aleppo è anche la città delle sette cattedrali cristiane che convivono in pace. Cosa rappresenta questa comunità per la Chiesa universale?

Ad Aleppo ci sono sei vescovi cattolici, due vescovi ortodossi, un pastore protestante: prima del conflitto c’erano 150mila cristiani di varie denominazioni. Adesso sono 30mila. Anche questa è un’altra tragedia, e ora il confronto con la calamità del terremoto. La Chiesa cattolica un anno fa fece una conferenza per organizzare la carità e un paio di mesi è insediata una commissione per organizzare gli aiuti umanitari. Appena in tempo, viene da dire. Ma questi 12 anni di guerra ho visto molta gente morire, ora sto vedendo la speranza morire: per questo tutti noi come Chiese dobbiamo cercare di tenere viva la speranza di Aleppo.

Tag:Aleppo, Terremoto in Siria e Turchia

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Il dolore della gente comune, la cronaca secondo Testori
12 Febbraio 2023

Prossimo articolo

Incontro con la scrittrice Antonia Arslan
17 Febbraio 2023

Ti potrebbe interessare anche

Un’alternativa europea alla legge del più forte
4 Ottobre, 2025

La gravissima situazione della Terra Santa, la guerra in Ucraina che non accenna a fermarsi, sono solo i due scenari più esplosivi per il loro carico di violenza insensata, morte e distruzione, alle porte di casa nostra, senza dimenticare quanto sta accadendo purtroppo in molti altri angoli del mondo dall’Africa ad Haiti, per arrivare al Myanmar, e di cui non si parla mai. Non è il tempo delle polemiche. Soffiare sul fuoco delle contrapposizioni in questa situazione è quanto di più sterile si possa fare. Diventano armi di distrazione di massa che impediscono di considerare le emergenze reali a cominciare da quelle delle popolazioni indifese che da Gaza a Kiev subiscono gli effetti della violenza. E la prima emergenza adesso è la costruzione della pace. Ci riconosciamo totalmente nel giudizio espresso nel volantino diffuso in questi giorni da Comunione e Liberazione che vi invitiamo a leggere. In tale contesto, crediamo che il compito dell’Europa, ancor di più oggi, sia decisivo per dar corpo a percorsi alternativi che non siano basati sulla legge del più forte. Come ha più volte sottolineato anche nelle ultime settimane il presidente Mattarella si tratta di «fare l’Europa per superare la logica del conflitto e delle guerre, per evitare l’oppressione dell’uomo sull’uomo, per ribadire la dignità di ogni essere umano, di ogni persona». Oggi questa è l’unica strada praticabile che abbiamo di fronte per dare un futuro alle nostre democrazie. Su questo come Fondazione San Benedetto proporremo nei prossimi mesi iniziative specifiche. Certamente l’Europa si trova di fronte a un bivio ineludibile: procedere verso una progressiva decadenza diventando irrilevante e tradendo le grandi promesse da cui era nata, oppure ritrovare una propria identità originale alternativa alle autocrazie che oggi dominano il mondo. Su questi temi vi invitiamo a leggere, come spunto di riflessione, l’articolo di Allister Heath, editorialista del quotidiano britannico The Telegraph.

Il perdono di Erika e la fede nello spazio pubblico
27 Settembre, 2025

Dopo l’assassinio di Charlie Kirk si sono innescate da fronti opposti contrapposizioni molto dure con episodi di violenza verbale, arrivando in qualche caso anche a giustificare quanto è successo. Respingiamo le strumentalizzazioni da qualunque parte provengano che diventano sempre una comoda cortina fumogena che impedisce di guardare la realtà. Ci interessano invece i fatti. E un fatto che senz’altro colpisce è quanto accaduto in occasione dei funerali di Kirk con il gesto di Erika, la vedova di Charlie, che ha pubblicamente perdonato il giovane che le ha ucciso il marito. Un gesto spiazzante, disapprovato dal presidente Trump, che trova la sua unica ragione nella fede in Chi ha detto «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno», come ha detto Erika. È un fatto su cui riflettere, che zittisce letture sociologiche o visioni ideologiche, e pone la questione della presenza della fede nello spazio pubblico. Su questo tema vi proponiamo la lettura dell’editoriale di Giuliano Ferrara, pubblicato dal Foglio, per il quale non si può liquidare tutto come fanatismo. Il primo passo è cercare di capire il mondo nel quale viviamo senza paraocchi. Oggi l’Europa e l’America sono su due sponde opposte. «In Europa – scrive Ferrara – la laicità è laicismo, ideologia della separazione tra Chiesa e stato divenuta nel tempo esclusione della fede dallo spazio pubblico, fatto di procedure democratiche che si presumono ideologicamente neutre e impermeabili al credo personale e collettivo, accuratamente scristianizzate. In America è diverso, la laicità è la convivenza libera di ricerche di fedi diverse, alle quali lo stato garantisce la piena agibilità senza preferenze o esclusioni, con un riconoscimento simbolico e non solo simbolico, presente nella cultura di massa e nello spazio pubblico dagli albori della Repubblica americana, della centralità di Dio e dell’esperienza del trascendente nella vita personale e in quella della società». L’America senz’altro per molti aspetti oggi può inquietare le nostre coscienze «liberali», ma siamo sicuri che un’Europa che rinnega le proprie radici, in nome di una presunta neutralità ideale, culturale, morale, esaltando i soli diritti individuali, non rischi di implodere su se stessa? Si chiede Ferrara: «Può resistere e fortificarsi una democrazia che s’ingegna a considerarsi neutra, che esclude famiglia, fede e libertà come aspirazione collettiva invece che come emancipazione e teoria dei diritti individuali?». In particolare sul significato del gesto di Erika Kirk vi segnaliamo anche l’articolo di Pietro Baroni, pubblicato dal quotidiano online ilsussidiario.net: «Perché siamo tutti bravissimi – scrive – a gridare pace e ancor più frettolosi a schierarci dalla parte giusta, quella dei buoni che combattono i cattivi; ma nessuno ha più la forza di usare l’unica parola che può portare la vera pace: perdono».

La fuga da Gaza e l’assuefazione all’orrore
20 Settembre, 2025

L’ultima settimana è stata segnata dalle immagini dell’esodo forzato e disperato di centinaia di migliaia di profughi da Gaza dopo l’invasione dell’esercito israeliano, mentre continuano massacri e distruzioni e la popolazione è alla fame. Eppure anche di fronte a queste immagini drammatiche che ci arrivano ogni giorno a getto continuo, rischiamo spesso di assuefarci all’orrore, di atrofizzare la nostra sensibilità a favore dell’indifferenza come se dietro tutto questo non ci fossero volti e storie di persone reali, di uomini concreti con un nome e un cognome. Si arriva persino a farlo diventare oggetto di talk show dove urlare, scontrarsi e insultarsi per passare poi senza colpo ferire alla prossima puntata. Nella newsletter di oggi vogliamo proporvi due articoli sulla situazione di Gaza che ci testimoniano uno sguardo diverso, uno sguardo umano. Il primo è di Marina Corradi ed è tratto da Avvenire. Si sofferma sulle immagini dei profughi e di chi, avendo perso tutto, non ha più neppure l’istinto di fuggire. Immagini che in modo paradossale richiamano alla memoria altre tragiche evacuazioni come quelle dei ghetti ebraici. Il secondo articolo è un’intervista del Sole 24Ore a padre Francesco Ielpo, nuovo custode di Terra Santa e grande amico della San Benedetto: «Ho trovato – racconta – una situazione drammatica, mi verrebbe da dire disumana nella Striscia, e tanta sofferenza anche in Israele dove si vive in un clima di sospetto, una situazione di conflitto in cui le posizioni si estremizzano». Anche in queste condizioni la Chiesa non perde la speranza e non si stanca di lanciare appelli per la pace: «Noi continuiamo a credere che valga la pena – spiega padre Ielpo – perché è un appello sempre rivolto alle coscienze e quando poi le coscienze cambiano, quando cambia proprio anche la possibilità di intravedere una via diversa, più umana per risolvere le questioni, queste voci, magari non subito, avranno l’effetto che devono avere».           

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy