• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
[email protected]
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • L’appiattimento del mondo ci ha distrutti, perché mi interessa CL

L’appiattimento del mondo ci ha distrutti, perché mi interessa CL

  • Data 3 Settembre 2023

Intervista a Olivier Roy da ilsussidiario.net 23 agosto 2023 

 

Olivier Roy è politologo e professore di scienze politiche nell’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Autore di numerosi saggi sulla religione e sull’islam in particolare, il suo ultimo libro, L’aplatissement du monde: la crise de la culture et l’empire des normes sarà pubblicato da Feltrinelli nel 2024. Prima del suo intervento al Meeting di Rimini, ha accettato di rispondere alle nostre domande e di parlarci di quella che chiama la trilogia “deculturazione, codificazione, normatività” che oggi struttura la nostra società e che sta portando a una crisi del legame sociale.

Il titolo del suo libro sembra una dichiarazione di intenti. Il termine “appiattimento” è forte. Il sottotitolo fornisce una chiave di lettura: la crisi della cultura e l’impero delle norme. Cosa intende per appiattimento del mondo? 

Appiattimento significa orizzontalità, cioè scomparsa della trascendenza ma anche di ciò che sta sotto. Questo può essere ovviamente interpretato in senso religioso, ma non solo. Sotto, ad esempio, c’è l’inconscio nel senso freudiano del termine. Il nazionalismo, le nostre radici, l’umanesimo come ce lo spiega Kant, ma anche Dio, sono forme di trascendenza. L’orizzontalità, il livellamento di tutto, ha una conseguenza importante che è la scomparsa dell’implicito, il tema principale del mio libro. Se non c’è inconscio o peccato originale, se non c’è qualcosa che spiega noi stessi, che agisce su di noi, se non c’è più trascendenza, allora non c’è più mistero e, soprattutto, non ci deve essere mistero.

Lei parla di impoverimento della lingua. È una conseguenza della scomparsa dell’implicito nella comunicazione? 

L’appiattimento del mondo va di pari passo con l’obbligo di rendere tutto esplicito. Tutto deve essere detto. Prendiamo l’esempio degli “Alcolisti anonimi”: si dice tutto davanti a tutti, e si dice qualcosa che tutti potrebbero dire, perché tutti i casi individuali sono ridotti alla norma del gruppo. Bisogna trovare una spiegazione al proprio comportamento che sia compatibile con quello degli altri. Quindi c’è l’obbligo di dire tutto e quello che non si dice non esiste. Il mistero della persona non esiste più. Questo ha un’altra conseguenza, che è la normatività, perché quando esiste l’obbligo di dire tutto ci deve essere un vincolo che costringe a farlo. Quando diciamo tutto, lo facciamo secondo le regole che ci permettono di vivere in società. Quindi controlliamo il nostro linguaggio e il nostro comportamento: è l’impero delle norme.

Nel libro lei racconta un aneddoto: una compagnia aerea ha regolamentato la presenza di animali a bordo dopo le proteste di un passeggero al quale non era stato permesso di viaggiare con il suo pavone, che considerava un animale di conforto. Quando le società umane sono a corto di argomenti, quando perdono il buon senso, creano dei regolamenti. Perché ci poniamo domande che prima non ci ponevamo? Perché finiamo per codificare tutto?

Perché non esiste più un senso comune implicito e condiviso, cioè che è comune in una società senza bisogno di essere spiegato. Questa scomparsa del senso comune è un problema importante ed è ciò che io chiamo la crisi della cultura. In qualsiasi cultura c’è l’idea che condividiamo qualcosa, che abbiamo qualcosa in comune, che si tratti di cultura antropologica o di cultura alta. Quando l’implicito non è più condiviso, deve essere sostituito dall’esplicito che può essere qualsiasi cosa, da un pavone su un aereo a un alligatore al guinzaglio, come si è visto per le strade di New York. L’unico modo per garantire l’esistenza di marcatori di identità è quello di esporli.

Cosa significa tutto questo?

È il trionfo dell’identità possessiva. Io possiedo la mia identità e poiché dobbiamo definirla, lo facciamo con dei marcatori. La schiavitù, ad esempio, è il marcatore dell’identità afroamericana negli Stati Uniti, mentre il post-colonialismo è il marcatore dell’identità francese. Questi marcatori di identità non solo sono limitati nel numero, ma sono anche poveri, perché non definiscono mai un individuo, ma piuttosto le categorie e i gruppi con cui l’individuo vuole identificarsi, come il femminismo o l’antirazzismo. Il corollario di questa identità possessiva è la cosiddetta “critica dell’appropriazione culturale”: non hai il diritto di appropriarti dei marcatori che mi definiscono.

Esiste un legame tra l’appiattimento del mondo e il neoliberismo politico ed economico?

Sì, il neoliberismo appiattisce il mondo in diversi modi. In primo luogo, la globalizzazione, cioè un mercato unico e sistematico definito unicamente dalla finanza, che non ha contenuto perché è l’astrazione assoluta dell’economia (come già detto da Marx). Il neoliberismo è anche individualismo. Ognuno è un potenziale imprenditore e il suo successo o fallimento dipende solo da lui. Il neoliberismo si basa sull’idea che ognuno debba realizzare il proprio potenziale. Dobbiamo quindi rispettare l’identità di ognuno, ma l’identità così come si esprime. A questo si accompagna una sistematica mercificazione di tutto, anche dei marcatori. Tutto è una merce: l’acqua, l’aria (si può comprare il diritto di inquinare per esempio) e persino le nostre emozioni. Il luogo in cui le emozioni vengono mercificate è il tribunale, dove si può cercare di rimediare alle proprie sofferenze negoziando il risarcimento dei danni. Questo è il contributo del neoliberismo.

Oggi sembra che siamo nati con la richiesta di un “diritto alla felicità” e se non lo otteniamo, diamo la colpa agli altri, alla società. Nel suo libro lei scrive che tutti si vedono come “membri di una minoranza sofferente”, come vittime. Cosa dice questo della nostra società?

Il neoliberismo ha trionfato nel senso che “l’io” è un capitale da sviluppare. Per la destra è responsabilità dell’individuo; per la sinistra è la società che impedisce all’individuo di realizzare il proprio potenziale. La felicità è difficile da definire ed è difficile sapere quando si è veramente se stessi, quindi è una costante fonte di sofferenza. Tra i miliardari, ad esempio, questo si esprime chiaramente nell’accumulo di ricchezza. Poiché c’è sempre una sensazione di incompletezza, c’è un’espressione di mancanza.

Quale cultura o credenza potrebbe opporsi all’appiattimento del mondo, ammesso che sia possibile?

Tutta la cultura si basa sui legami sociali, qualunque essi siano. Ma siamo in una crisi di legami sociali. Il movimento dei Gilet gialli in Francia era l’espressione di una richiesta di legame sociale ed è per questo che è sostanzialmente fallito. Avevano una richiesta quasi metafisica, impossibile da soddisfare. Si possono negoziare prezzi della benzina più bassi e salari più alti, ma non si può chiedere una rivoluzione proletaria.

Ci sono esperienze che escono da questi schemi?

In Italia, mi interessano movimenti come Comunione e Liberazione o Sant’Egidio perché sono in questa logica di creazione di legami sociali, non contro lo Stato, non indifferenti allo Stato, ma semplicemente per creare legami sociali. Ma questa creazione si scontra con un ostacolo: l’accettazione della diversità. In Francia, questo è il senso della laicità. Il dibattito non riguarda le convinzioni religiose, ma l’identità religiosa. La sinistra violentemente laica sta inconsapevolmente adottando le stesse posizioni dell’estrema destra. Dal momento in cui in una società le persone si definiscono in base a marcatori di identità (ad esempio indossando il velo), se si attaccano i marcatori, si attaccano le persone. Questa ingiunzione a conformarsi non ha senso.

Alla fine del suo libro, lei scrive: “Non è l’utopia ad essere all’orizzonte, ma piuttosto l’apocalisse (riscaldamento globale, guerra civile, terza o quarta guerra mondiale, epidemie)”. Pensa che sarà così il nostro futuro? 

Vedo che le utopie sono scomparse. La destra populista cristiano-identitaria ha i suoi eroi, da Éric Zemmour a Donald Trump. La sinistra è altrettanto apocalittica, in particolare i movimenti ecologisti credono che il futuro non possa che essere peggiore e che la cosa migliore da fare sia tornare indietro nel tempo. Tutta questa retorica apocalittica porta a movimenti di violenza. Dobbiamo guardare di nuovo ai nostri vicini e creare legami sociali.

(Carole Rinville)

Tag:appiattimento, Comunione e Liberazione, Olivier Roy, trascendenza

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

L’abbeveratoio di McCarthy e la promessa di un destino buono
3 Settembre 2023

Prossimo articolo

Quella croce che non vuole scomparire
10 Settembre 2023

Ti potrebbe interessare anche

Europa, corpi intermedi e democrazia, una questione vitale
7 Giugno, 2025

Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.

Grazie per questi vent’anni, la strada continua
31 Maggio, 2025

Giovedì 29 maggio a Brescia, a Palazzo Loggia, si è tenuto l’incontro in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Il Salone Vanvitelliano gentilmente messo a disposizione dalla sindaca Laura Castelletti, era al completo con una platea attenta che ha seguito per oltre un’ora e mezza il dibattito: prima il discorso del professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, poi il racconto di tre giovani cresciuti nella San Benedetto (Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri) e gli interventi dei tre ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli e Emilio Del Bono e infine le conclusioni di Graziano Tarantini. Tra il pubblico presenti diverse personalità e rappresentanti del territorio a cominciare dal vescovo di Brescia monsignor Tremolada. Nei prossimi giorni sarà online sul nostro sito il video integrale. Oggi, anziché riproporvi un riassunto di quanto è stato detto che, vista la ricchezza di contenuti, sarebbe inevitabilmente incompleto e parziale, vogliamo soffermarci, senza la pretesa di un discorso organico, solo su alcune parole che, nei diversi interventi che si sono succeduti, hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che in qualche modo descrivono anche il percorso compiuto fino a oggi e quello che intendiamo fare. Nulla di autoreferenziale o di celebrativo, ma la condivisione di un percorso aperto a tutti.

I nostri vent’anni di presenza e le sfide di oggi
24 Maggio, 2025

La Fondazione San Benedetto è un tentativo libero e creativo di espressione della dottrina sociale della Chiesa per rispondere ai problemi e alle sfide del presente; quella dottrina sociale che sembra essere stata riscoperta nelle ultime settimane, con l’elezione di Leone XIV. Giovedì 29 maggio alle 17.30, in occasione dei nostri primi vent’anni di presenza, a Palazzo Loggia a Brescia, abbiamo promosso un incontro (i posti, lo ricordiamo, sono esauriti, ma per chi non ha potuto iscriversi nelle prossime settimane sarà disponibile sul nostro sito il video dell’evento) che vuole richiamare l’attenzione sul ruolo dei corpi intermedi nella nostra società. Si tratta di quelle realtà, di quei centri di vita e di azione, che nascono dalla libera aggregazione delle persone come contributo alla costruzione del bene comune in un’ottica di sussidiarietà. Proprio ai corpi intermedi la dottrina sociale della Chiesa ha sempre riservato una particolare attenzione. Non è la riproposizione di principi astratti, ma è l’indicazione di un percorso possibile. In questi primi giorni del suo pontificato, Leone XIV è tornato più volte sulla dottrina sociale, tema che gli è particolarmente caro a cominciare dalla scelta di richiamarsi a Leone XIII, il papa della questione sociale. In un discorso alla Fondazione Centesimus Annus ha chiarito che la dottrina sociale è l’opposto dell’indottrinamento, definito «immorale», che «rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi». Proprio su tale discorso vi invitiamo a leggere il commento di Giuseppe Frangi, pubblicato sul quotidiano online ilsussidiario.net. Questo è anche il solco in cui come fondazione intendiamo muoverci nel prossimo futuro, in particolare con due sottolineature. Da un lato, oltre che a Brescia, rafforzeremo la nostra presenza anche a Milano (le nostre radici sin dall’inizio sono sempre state bresciane e milanesi), dall’altro lato, concentreremo l’attenzione con iniziative dedicate su due tematiche che riteniamo centrali: il futuro dell’Europa e il rapporto con l’intelligenza artificiale.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
[email protected]

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy