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  • Il dramma irrisolto del «Vangelo» di Pasolini 

Il dramma irrisolto del «Vangelo» di Pasolini 

  • Data 21 Gennaio 2024

Venerdì sera si è svolto nella nostra sede il primo incontro (molto partecipato) del ciclo «L’Unione Europea vista dall’interno» con un intervento di grande spessore e qualità di Mario Mauro, già vicepresidente del Parlamento Europeo e ministro della Difesa, che ha portato molti spunti di riflessione e dibattito. Venerdì 26 gennaio alle 18 ci sarà il secondo incontro col professor Roberto Baratta.

Nella newsletter di questa settimana vogliamo ricordare un anniversario: sessant’anni fa usciva nelle sale cinematografiche il film «Il Vangelo secondo Matteo» di Pier Paolo Pasolini. In un articolo su Libero Antonio Socci ripercorre la genesi di questa opera che «rappresenta anzitutto un dramma irrisolto, per il suo autore e per il mondo culturale italiano che non ha mai fatto veramente i conti con il cristianesimo». Un film, di cui si ricordano soprattutto i volti dei protagonisti, nato dopo la lettura casuale del Vangelo durante una visita del regista ad Assisi nel 1962. Quella lettura fu un incontro con la bellezza «allo stato puro» che Pasolini dirà poi di aver sperimentato solo nel Vangelo. Un incontro con la figura di Gesù che resterà in tutta la sua vita un punto di domanda sempre aperto. Pur dicendosi non credente, riferendosi a Cristo, aveva confidato: «Lo cerco dappertutto». In una lettera a don Giovanni Rossi si definiva «bloccato in un modo che solo la Grazia potrebbe sciogliere». Una tensione drammatica che non poteva accontentarsi di risposte facili e accomodanti.     

In prevendita i biglietti per lo spettacolo teatrale “Father & Freud”

Giovedì 1 febbraio alle 21 a Brescia, al Teatro Der Mast di via Carducci 17/E, promosso dalla Fondazione San Benedetto è in programma lo spettacolo “Father & Freud” con Glauco Maria Genga e Giovanni Spadaro, musiche di Andrea Motta e regia di Adriana Bagnoli. Uno psicoanalista e psichiatra insieme a un giovane attore portano per la prima volta a teatro una pagina poco nota della vita e del pensiero di Sigmund Freud. Il suo viaggio ad Atene nel 1904 e lo stupore di fronte alla bellezza dell’Acropoli accendono una luce nuova sul tema che da sempre è il cuore della riflessione filosofica e psicoanalitica: il padre. La sfida dello spettacolo è quella di portare il pubblico dentro la quotidianità di un genio, avvicinando la sua vita prima che le sue opere. Non ci rivolgiamo solo agli addetti ai lavori, che troveranno comunque un approfondimento storico e biografico molto fedele, ma anche ai neofiti, ai giovani, a chi non ne sa nulla, perché semplicemente possa avvenire l’entusiasmante incontro con un uomo e con il suo pensiero. 

Il biglietto costa 20 euro (più il fee di prevendita) e va acquistato online cliccando il seguente link  https://www.ticketsms.it/event/Father-And-Freud-Der-Mast-2024-02-01


«Lo cerco dappertutto»: a 60 anni dal Gesù di Pasolini 

Il capolavoro cinematografico di PPP su Gesù resta un nodo da sciogliere per il mondo culturale italiano laico e progressista che non ha fatto i conti con il cristianesimo. Eppure l’incontro dell’autore con Cristo non fu casuale

di Antonio Socci

da Libero – 14 gennaio 2024

Dieci anni fa l’Osservatore romano ha scritto che Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini «rimane un capolavoro, e probabilmente il miglior film su Gesù mai girato». Martin Scorsese ha detto la stessa cosa. Non so se è proprio così. Ma quell’opera pluripremiata, datata 1964 (quest’anno ha 60 anni), rappresenta anzitutto un dramma irrisolto, per il suo autore e per il mondo culturale italiano (laico-marxista ieri e oggi genericamente progressista) che non ha mai fatto veramente i conti con il cristianesimo. Quale fu la genesi di quel film? Tutto nasce dalla partecipazione di Pasolini a un convegno della Pro Civitate Christiana di Assisi. Lo scrittore-regista in quegli anni era un nome molto controverso, ma don Giovanni Rossi – fondatore della Pro Civitate – era un sacerdote con una grande intelligenza della fede.

Pier Paolo Pasolini

Pasolini arrivò ad Assisi il 2 ottobre 1962. Dieci giorni dopo sarebbe cominciato il Concilio Vaticano II e, per una straordinaria concomitanza, la sua presenza ad Assisi coincise con il sorprendente pellegrinaggio, proprio ad Assisi, di Giovanni XXIII alla tomba di san Francesco.

LETTURA SCONVOLGENTE

Pasolini ha raccontato: «Ero ospite alla Pro Civitate Christiana d’Assisi, dove sono tornato più di una volta anche dopo, essendo quella porta sempre aperta anche a gente come me. Era il 2 ottobre 1962, stava per arrivare da Loreto Giovanni XXIII, il primo Papa che era uscito dal Vaticano e che veniva a pregare sulla tomba del Poverello per il destino del Concilio imminente… Pensavo a quel dolcissimo Papa contadino che aveva aperto i cuori e una speranza che sembrava allora sempre più difficile, e al quale si erano aperte le porte di Regina Coeli, dove era andato a “guardare negli occhi” ladri e assassini, armato solo di un’immensa ed arguta pietà. Sentii anch’io, per un momento, il desiderio di alzarmi e andargli incontro, di vederlo da vicino e di guardarlo negli occhi. Ma mentre ormai le campane rombavano anche sulla mia testa, di colpo il desiderio di vederlo svanì. Mi resi conto che sarei stato un’irritante distrazione per molta gente; mi avrebbero accusato di cercare una facile pubblicità. Non mi sentivo il figliol prodigo, e per molti quel gesto sarebbe stato soltanto una sceneggiata di cattivo gusto. D’istinto allungai la mano al comodino, presi il libro dei Vangeli che c’era in tutte le camere e cominciai a leggerlo…».

Da quella lettura sconvolgente venne l’idea del film che uscirà due anni dopo, nel 1964, con questa dedica: «Alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII» (che era morto nel 1963). Nel discorso che papa Giovanni fece, quel 4 ottobre 1962, ad Assisi, ricordò queste parole di Gesù: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».

Poi il Papa commentò: «È a questi che il regno dei cieli viene promesso: e se solo a questi – dunque non ai vanitosi, né ai facinorosi – qui con San Francesco, qui siamo veramente alle porte del Paradiso. Umana sapienza, infatti ricchezze secolari, dominazione incontrastata, tutto ciò di cui il mondo si pasce sotto vari nomi – fortuna, grandezza, politica, potenza e prepotenza – tutto dinnanzi a questa dottrina si arresta e si infrange».

Sono parole che potrebbero essere considerate il miglior commento al film di Pasolini, il quale nel giugno 1963 aveva scritto a un produttore: «Per me la bellezza è sempre una “bellezza morale”; ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica; il solo caso di “bellezza morale” non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l’ho sperimentato nel Vangelo».

Parole che fanno pensare a Dostoevskij secondo cui la vera Bellezza coincide con il Bene ed è quella la Bellezza che salva il mondo. Lo scrittore russo, anch’egli in una lettera, aveva scritto: «Al mondo esiste un solo essere assolutamente bello, il Cristo, ma l’apparizione di questo essere immensamente, infinitamente bello, è di certo un infinito miracolo».

Questo incontro fra Pasolini e Gesù fu un “miracolo” casuale, un episodio anomalo rimasto isolato (e dimenticato) nel suo percorso intellettuale e umano? Secondo Gabriella Pozzetto è il contrario. Quel film è il cuore di tutto il suo cammino. Nel libro Lo cerco dappertutto. Cristo nei film di Pasolini, scrive: «L’elemento sacro non si disgiunge mai da Pasolini, egli inizia nella poesia con la rappresentazione di una vita intrisa di religiosità e quando sceglie il cinema compie un percorso che ha come meta ideale l’unico grande testo sacro ispiratore della sua vita: il Vangelo». Poi aggiunge che quel film «è il punto focale, inconscio e conscio, di tutta la sua produzione o, meglio, della sua esistenza». Infine conclude: «I film prima del Vangelo sembrano fatti proprio per arrivare a questo specifico obiettivo, e i film successivi hanno la connotazione della perdita di quel riferimento, che poi è la semplice lettura della realtà senza Cristo». Infatti «la vitalità iniziale del poeta» si trasforma negli anni «in un “tetro entusiasmo” davanti alla realtà dello scenario sociale».

LA LETTERA A DON ROSSI

La drammaticità di questa perdita, di quella mezza folgorazione sulla via di Damasco, sta tutta nella lettera che Pasolini scrisse a don Giovanni Rossi che si concludeva così: «Sono “bloccato”, caro Don Giovanni, in un modo che solo la Grazia potrebbe sciogliere. La mia volontà e l’altrui sono impotenti. E questo posso dirlo solo oggettivandomi, e guardandomi dal suo punto di vista. Forse perché io sono da sempre caduto da cavallo: non sono mai stato spavaldamente in sella (come molti potenti della vita o molti miseri peccatori): sono caduto da sempre, e un mio piede è rimasto impigliato nella staffa, così che la mia corsa non è una cavalcata, ma un essere trascinato via, con il capo che sbatte sulla polvere e sulle pietre. Non posso né risalire sul cavallo degli Ebrei e dei Gentili, né cascare per sempre sulla terra di Dio. La ringrazio ancora, con tutto l’affetto».

Tag:Antonio Socci, Pasolini

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piergiorgio

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Non lasciamoci sfuggire l’intelligenza artificiale
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L’intelligenza artificiale è già entrata a far parte della nostra vita molto più di quanto a prima vista possiamo percepire o immaginare. È un dato di fatto destinato a impattare in modo sempre più pervasivo sulla nostra quotidianità. In questo senso i dibattiti pro o contro l’intelligenza artificiale appaiono del tutto teorici e oziosi, come inutile è ogni posizione di retroguardia. Come Fondazione San Benedetto intendiamo invece proporre iniziative o suggerire ipotesi di lavoro che possano essere d’aiuto ad affrontare in modo consapevole questo cambiamento che è già in atto. Lo facciamo anche con questa newsletter segnalandovi un articolo uscito nei giorni scorsi sull’Osservatore Romano di Antonio Spadaro che riprende un testo del celebre scienziato e religioso Pierre Teilhard de Chardin scritto nel 1950 sull’avvento delle grandi macchine da calcolo che allora muovevano i primi passi. Per Teilhard l’arrivo delle nuove macchine «che macinano idee e numeri» era un’opportunità per liberare nell’uomo, «e questa volta a un livello mai raggiunto prima, una massa nuova di energia psichica, immediatamente trasformabile in forme ancora più alte di comprensione e di immaginazione». A 75 anni di distanza Spadaro rimarcando la novità di questo pensiero sottolinea come la sfida implicita «sia quella di integrare le macchine nella crescita della coscienza, trasformare la velocità di calcolo in profondità di pensiero, usare l’energia liberata per “forme più alte” di comprensione. La domanda di fondo, insomma, non è “quanto possono fare le macchine?”, ma “quanto possiamo crescere noi, con loro?”». L’intelligenza artificiale non è insomma una questione tecnica, ma antropologica e per questo ci riguarda.

I mattoni nuovi del Meeting, una storia che continua
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Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
26 Luglio, 2025

La newsletter di oggi è l’ultima prima della pausa estiva. Anche in queste settimane per molti dedicate al riposo e alle vacanze, mentre il mondo è in fiamme e gli orrori della guerra si moltiplicano, crediamo che non si possa far finta di nulla, aprire una parentesi o staccare la spina come si usa dire. Non si può andare in vacanza senza portarsi dietro queste ferite. Portarsele con sé rende più bello e più vero il tempo del riposo. Per questo oggi vogliamo proporvi la lettura di due testimonianze da due dei principali teatri di guerra: l’Ucraina e Gaza. Già scorse settimane avevamo ricordato il caso di Vasilij Grossman, lo scrittore ucraino che dentro lo scenario di morte prodotto dalle ideologie del ’900, non aveva mai smesso di cercare «l’umano nell’uomo» come inizio di una possibilità di speranza. Le testimonianze di oggi ci dicono che anche nelle situazioni più difficili, la violenza, la distruzione e la morte possono non essere l’ultima parola. 

La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

L’appuntamento con la newsletter «Fissiamo il pensiero» tornerà domenica 7 settembre. Buone vacanze!

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