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L’Europa e il denaro imperatore

  • Data 9 Gennaio 2022

Gli scritti di Papa Joseph Ratzinger contenuti nel volume La vera Europa. Identità e missione si sviluppano su un arco di tempo che va dal 1979 al 2012, così incrociando tutte le età dell’Europa contemporanea: l’età eroica (1957-1989), l’età della globalizzazione (1990-2007) e l’età della crisi (dal 2008 fino a oggi). All’interno di questa sequenza c’è stata una variante, anzi una violenta torsione, con il passaggio dalla prima alla seconda età dell’Europa, e questa per la verità è stata una torsione non solo europea, ma universale e condivisa tanto da destra quanto da sinistra, quando la “mano invisibile nel mercato” è venuta via via a sostituire la “mano visibile dello Stato”. È stato quando, dopo il 1989, si è formato e sviluppato il “mercatismo”, questa l’ultima ideologia del ’900. Il mercato sicut deus, il mondo unificato da una nuova ideologia mercantile piana, questa la sola capace di portare nel mondo pace e progresso. Alla base l’idea del “mondo nuovo” e dell’“uomo nuovo”. La fine della storia, l’annuncio di Barack Obama nel suo discorso inaugurale da presidente: non abbiamo un passato, abbiamo solo il futuro. Un futuro senza patria, avendo per patria il mondo. Un mondo che oggi, dopo tre decenni, dopo la crisi finanziaria del 2008 si vede ormai dominato dal nuovo denaro telematico, questa una particolare forma di trascendenza, con il surreale al posto del reale, con il debito al posto del capitale, con i liquidi al posto dei solidi, così che oggi i “crematisti”, quelli che una volta erano indicati come il male della polis, hanno infine preso il posto dei politici eletti dal popolo.

Una prova iconografica di questo passaggio si è avuta nel cambio dei vertici della Banca centrale europea nel 2019, con i politici in platea ad applaudire estasiati. Non così sarebbe stato con De Gasperi, con Adenauer, con Schuman. Già nella Montagna incantata era stato prefigurato: «Il denaro sarà imperatore, ma solo fino alla completa demonizzazione della vita». La Montagna è del 1924, il 1929 è venuto subito dopo. E oggi, temo, non sarà diverso.

Oggi vediamo che la storia è ritornata, con il carico degli interessi arretrati e accompagnata dalla geografia. È così dappertutto nel mondo, lungo un vasto arco di crisi. È così anche nel cuore dell’Europa. La storia è ritornata e non per caso oggi la vediamo tornata in Polonia, un luogo sempre tragico della nostra storia: da un lato, a est, c’è crisi sul confine esterno; sul fronte occidentale c’è crisi nel rapporto con l’Europa. Non è questa la sede per specifiche considerazioni sul relativo caso “giuridico”, ma forse è il caso di ricordare che la democrazia non è un prodotto standardizzato, ma piuttosto un processo che si costruisce gradualmente e che si sviluppa in loco. Come è del resto disposto nell’art. 4 del Trattato europeo: «L’Unione rispetta la identità nazionale insita nella struttura fondamentale, politica e costituzionale degli Stati membri». Sono ormai tanto anziano da poter attingere ad alcune riserve della memoria. Dieci anni fa fui invitato in Polonia per una lezione al Centro Studi Joseph Ratzinger – Benedetto XVI. Dopo la lezione, camminando per le strade in compagnia di un vescovo, notai che le donne si inginocchiavano commosse al suo passaggio. Oggi nella bozza di un documento “europeo” si prevedeva di cancellare il Natale, sostituendo la parola e la nozione di Natale con le categorie del tempo libero e della vacanza! Cosa è l’Europa, oggi? Dopo la pandemia ha preso la forma nuova di un “benevolo” e post-moderno Leviatano. Al posto e in luogo del mercato, più o meno fallito, torna più o meno potente la mano pubblica. Il nuovo Leviatano sviluppa infatti la sua azione dirigistica nella forma di una serie di “piani”. Piani per la transizione digitale, per la transizione verde e, in generale, per una nuova architettura sociale. La cosa che impressiona è che tutto questo è ancora ispirato dai “globalisti”: quelli che hanno stravolto e inquinato il mondo, sono gli stessi che oggi si propongono per guarirlo. Naturalmente a pagamento.

Al principio c’era davvero una luce che illuminava l’Europa. È stato così al tempo della “lezione” tenuta da Albert Camus ad Atene nel 1955, una lezione sul “Futuro della civiltà europea”: «Le ferite della guerra così recente sono ancora troppo aperte, troppo dolorose perché si possa sperare che le collettività nazionali facciano lo sforzo di cui solo gli individui superiori sono capaci».

Oggi mi pare davvero difficile vedere nei nostri palazzi individui superiori. Una luce che invece si trova negli austeri scritti che aprono e formano questo volume.

Giulio Tremonti

da Il Sole 24Ore – 7 gennaio 2022

https://www.ilsole24ore.com/art/le-lezioni-camus-ratzinger-e-futuro-dell-identita-europea-AEyFue6

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piergiorgio

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Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.

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Giovedì 29 maggio a Brescia, a Palazzo Loggia, si è tenuto l’incontro in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Il Salone Vanvitelliano gentilmente messo a disposizione dalla sindaca Laura Castelletti, era al completo con una platea attenta che ha seguito per oltre un’ora e mezza il dibattito: prima il discorso del professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, poi il racconto di tre giovani cresciuti nella San Benedetto (Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri) e gli interventi dei tre ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli e Emilio Del Bono e infine le conclusioni di Graziano Tarantini. Tra il pubblico presenti diverse personalità e rappresentanti del territorio a cominciare dal vescovo di Brescia monsignor Tremolada. Nei prossimi giorni sarà online sul nostro sito il video integrale. Oggi, anziché riproporvi un riassunto di quanto è stato detto che, vista la ricchezza di contenuti, sarebbe inevitabilmente incompleto e parziale, vogliamo soffermarci, senza la pretesa di un discorso organico, solo su alcune parole che, nei diversi interventi che si sono succeduti, hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che in qualche modo descrivono anche il percorso compiuto fino a oggi e quello che intendiamo fare. Nulla di autoreferenziale o di celebrativo, ma la condivisione di un percorso aperto a tutti.

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La Fondazione San Benedetto è un tentativo libero e creativo di espressione della dottrina sociale della Chiesa per rispondere ai problemi e alle sfide del presente; quella dottrina sociale che sembra essere stata riscoperta nelle ultime settimane, con l’elezione di Leone XIV. Giovedì 29 maggio alle 17.30, in occasione dei nostri primi vent’anni di presenza, a Palazzo Loggia a Brescia, abbiamo promosso un incontro (i posti, lo ricordiamo, sono esauriti, ma per chi non ha potuto iscriversi nelle prossime settimane sarà disponibile sul nostro sito il video dell’evento) che vuole richiamare l’attenzione sul ruolo dei corpi intermedi nella nostra società. Si tratta di quelle realtà, di quei centri di vita e di azione, che nascono dalla libera aggregazione delle persone come contributo alla costruzione del bene comune in un’ottica di sussidiarietà. Proprio ai corpi intermedi la dottrina sociale della Chiesa ha sempre riservato una particolare attenzione. Non è la riproposizione di principi astratti, ma è l’indicazione di un percorso possibile. In questi primi giorni del suo pontificato, Leone XIV è tornato più volte sulla dottrina sociale, tema che gli è particolarmente caro a cominciare dalla scelta di richiamarsi a Leone XIII, il papa della questione sociale. In un discorso alla Fondazione Centesimus Annus ha chiarito che la dottrina sociale è l’opposto dell’indottrinamento, definito «immorale», che «rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi». Proprio su tale discorso vi invitiamo a leggere il commento di Giuseppe Frangi, pubblicato sul quotidiano online ilsussidiario.net. Questo è anche il solco in cui come fondazione intendiamo muoverci nel prossimo futuro, in particolare con due sottolineature. Da un lato, oltre che a Brescia, rafforzeremo la nostra presenza anche a Milano (le nostre radici sin dall’inizio sono sempre state bresciane e milanesi), dall’altro lato, concentreremo l’attenzione con iniziative dedicate su due tematiche che riteniamo centrali: il futuro dell’Europa e il rapporto con l’intelligenza artificiale.

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