• Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti
Email:
info@fondazionesanbenedetto.it
Fondazione San BenedettoFondazione San Benedetto
  • Chi siamo
  • Attività
  • Video
  • Archivio
  • Sostienici
  • Statuto
  • Organi
  • Contatti

Fissiamo il Pensiero

  • Home
  • Fissiamo il Pensiero
  • La nostra libertà e la resistenza degli ucraini

La nostra libertà e la resistenza degli ucraini

  • Data 3 Aprile 2022
di Julián Carrón

Caro direttore,
che impressione le immagini della popolazione civile che sventola le bandiere dell’Ucraina davanti ai carri armati! Più ancora degli uomini in armi per un impeto naturale di autodifesa. Che sproporzione! Sulla guerra in corso — «atto barbaro e sacrilego» lo ha definito papa Francesco all’Angelus di domenica 27 marzo — si è scritto molto. Interpretazioni diverse e persino opposte si sono avvicendate. Ma c’è un dato che s’impone e con cui tutte le diverse posizioni sono costrette prima o poi a fare i conti. Quale? La resistenza inaspettata degli ucraini.

Il fattore umano — al netto di quelli militari e strategici che pure ci sono e delle valutazioni che si possono fare, ma su questo non ho alcun titolo per intervenire — si è imposto a tutti: soprattutto a chi non avrebbe mai scommesso — come noi, forse — che ci fosse ancora qualcuno disposto a impegnarsi per la difesa della libertà. Con la loro audacia, gli ucraini stanno testimoniando a tutti una autocoscienza che ci lascia senza parole, una fame e una sete di giustizia e un desiderio di libertà che ci riempiono di stupore.
Così, ci hanno «costretto» a prendere consapevolezza della irriducibilità dell’io, del loro e del nostro. Credevamo che si fossero lasciati addormentare dal consumismo, come tanti di noi, o che non valesse la pena assecondare la sete di libertà che costituisce la stoffa del cuore umano, ma siamo stati smentiti: in loro, al di là di tutto ciò che può essere detto, stiamo vedendo che il cuore non si arrende al potere.

Come spiegare, dunque, l’origine della strenua resistenza degli ucraini che tanto ci stupisce? È sempre una provocazione della realtà a risvegliare l’umano. Dovremmo averlo imparato dall’esperienza vissuta nella pandemia, davanti all’acuirsi delle domande che la diffusione del Covid ha sollevato in noi. In tutti, senza distinzione di ideologia, credo o condizione sociale.
Se dunque guardiamo la nostra esperienza, non faremo fatica a capire che cosa ha risvegliato l’io degli ucraini, di fronte alla «violenta aggressione» che stanno subendo. Niente risveglia in noi l’esigenza di giustizia, per quanto assopita, come il percepirla calpestata, specie davanti alla «bestialità della guerra!» (papa Francesco). Non c’è discorso, strategia, autoconvinzione, o etica, che abbia la forza di risvegliare l’io più della provocazione potente che viene dalla realtà. Lo ha colto bene Massimo Recalcati, che ha richiamato a un fattore «che può sfuggire anche alle più sottili analisi geopolitiche». Quale? La «forza del desiderio», cioè di quel «fattore supplementare che esorbita le capacità militari e le arti strategiche». È quello che spesso sottovaluta il potere.

Forse la provocazione della guerra in Ucraina non ci ha toccato così da vicino come il Covid, ma le immagini di distruzione, che in Europa pensavamo di esserci lasciate definitivamente alle spalle dopo le due guerre mondiali, ci hanno indubbiamente scosso e non abbiamo potuto evitare di fare i conti con questa scossa, come testimonia la gara di solidarietà nei confronti dei profughi che stiamo accogliendo nelle nostre città. Un mare di carità che riempie di gratitudine.

Come non confondersi però davanti alla quantità di articoli, di dibattiti televisivi e di dialoghi tra di noi che attraversano le nostre giornate? Può aiutarci un suggerimento di metodo: non consentire alla ragione di diventare ab-soluta, cioè slegata dalla realtà, per non lasciarla in balia dell’ideologia. È proprio l’imbattersi della persona nella provocazione della realtà che fa scaturire tutta l’esigenza della ragione, impedendole così di soccombere alle diverse riduzioni. È forse proprio la considerazione del desiderio di giustizia di chi la violenza la subisce che ha consentito a giornalisti come Antonio Polito e Ezio Mauro, per fare due esempi, di smascherare un uso ridotto della ragione e l’equidistanza tra l’io e il potere. Lo diceva magnificamente Vasilij Grossman nel suo Vita e destino: «Il totalitarismo non può fare a meno della violenza. Se lo facesse perirebbe. L’eterna, ininterrotta violenza, diretta o mascherata, è la base del suo potere. L’uomo non rinuncia volontariamente alla libertà. In questa conclusione è racchiusa la luce del nostro tempo, la luce del futuro».

Quella che si sta giocando nell’invasione dell’Ucraina da parte dalla Russia è una lotta che riguarda ognuno di noi. Come possiamo difenderci della pretesa totalitaria del potere? Essendo consapevoli della strategia che usa. Don Giussani la descrive così: «Il suo grande sistema, il suo grande metodo è quello di addormentare, di anestetizzare, oppure, meglio ancora, di atrofizzare […] il cuore dell’uomo, le esigenze dell’uomo, i desideri […], quell’impeto senza confine che ha il cuore. E così cresce della gente limitata, conclusa, prigioniera, già mezzo cadavere, cioè impotente». Per questo, lo ribadisco, l’unico vero argine al potere è il desiderio, e perciò incontri e luoghi che lo sappiano ridestare. Continua Giussani: «L’unica risorsa per frenare l’invadenza del potere è in quel vertice del cosmo che è l’io, ed è la libertà. […] L’unica risorsa che ci resta è una ripresa potente del senso cristiano dell’io, della irriducibilità della persona». Da qui l’affermazione: «Noi non abbiamo paura del potere, abbiamo paura della gente che dorme e, perciò, permette al potere di fare di loro quel che vuole», perché «il potere è tale in proporzione dell’impotenza altrui», della inconsapevolezza dell’io.

Qual è l’oggetto adeguato della nostra libertà, cioè della capacità di soddisfazione totale? Che cosa basta al desiderio che ci muove dal fondo di noi stessi? Solo ciò che è in grado di compierlo. Tutto il resto, anche l’annessione di un’altra nazione, è «poco e piccino per la capacità dell’animo nostro», ci ricorda Leopardi.
Solo una pace all’altezza del cuore dell’uomo potrà essere vera pace, duratura, quella che abbiamo implorato con tutta la Chiesa venerdì scorso. Solo Cristo, non come puro nome o dottrina, ma come avvenimento presente è all’altezza del cuore di ogni uomo. Come grida al mondo papa Francesco, è Cristo, Cristo vivo, la «sorgente della vera pace»: per i russi, gli ucraini e noi.

dal Corriere della Sera – 30 marzo 2022

Tag:Ucraina

  • Condividi
piergiorgio

Articolo precedente

Alzare lo sguardo dal buio
3 Aprile 2022

Prossimo articolo

Un Volto amico nel dramma dell'abisso
10 Aprile 2022

Ti potrebbe interessare anche

Benigni e il fascino di un’umanità più vera
13 Dicembre, 2025

Mercoledì sera la Rai ha mandato in onda il monologo di Roberto Benigni «Pietro, un uomo nel vento». Un racconto travolgente della storia dell’apostolo Pietro e del suo incontro con Gesù. «Le cose più importanti della vita non si apprendono e non si insegnano, si incontrano», ha detto Benigni. Un racconto non fatto da un uomo di chiesa, ma da una persona come il comico toscano visibilmente affascinato da quella storia, con una forza di immedesimazione che non può non sorprendere. Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo di Lucio Brunelli pubblicato su Avvenire che insieme al caso di Benigni ricorda anche quello dello scrittore spagnolo Javier Cercas che ha raccontato in un libro bellissimo, «Il folle di Dio alla fine del mondo» (lo avevamo segnalato fra le nostre proposte di lettura la scorsa estate), il suo viaggio con Papa Francesco in Mongolia. Benigni e Cercas, «due artisti dalla biografia totalmente estranea al mondo ecclesiale», i cui racconti sinceri «toccano la mente e il cuore, aprono a una domanda». «Il commovente monologo del premio Oscar, Benigni, e il sorprendente romanzo di Cercas – continua Brunelli – si spiegano con l’innata genialità di questi due artisti e con la fantasia della Grazia, che opera come vuole, quando vuole e in chi vuole. Sono al contempo anche il frutto di una mutata immagine della Chiesa nella considerazione pubblica. C’è forse meno pregiudizio, più simpatia, più disponibilità all’ascolto». Soprattutto si presagisce il fascino di un’umanità più vera. L’annuncio del Natale ormai vicino risponde a questa attesa di verità, di bellezza, di felicità che è nel cuore di ogni uomo a patto di essere leali con se stessi. Quel Natale che oggi appare spesso soffocato da una quantità di orpelli inutili, da noiosi riti consumistici, da evasione e distrazione di massa, da un intrattenimento vuoto e stordente. Eppure dissotterrare l’attesa profonda che è in noi, riportarla in primo piano, è il primo passo per farsi sorprendere da qualcosa che sia veramente attraente, all’altezza del desiderio infinito della nostra umanità.

Messaggi dal viaggio di Leone in Turchia e Libano
6 Dicembre, 2025

Martedì 2 dicembre si è concluso il viaggio di Leone XIV in Turchia e in Libano, il primo del nuovo papa. Un viaggio carico di significati, spesso del tutto ignorati nei servizi dei telegiornali e nei resoconti di molti quotidiani. Significati su cui vogliamo invece soffermarci nella nostra newsletter di oggi proponendovi la lettura di due articoli. Il primo tratto da il Foglio è dedicato alla tappa del papa a Nicea, sulle rovine dell’antica basilica, a 1700 anni dal concilio che là definì il Credo che ancora oggi viene recitato ogni domenica nella messa. Stabilì un punto fermo sconfessando le posizioni ariane che negavano la natura divina di Gesù. Ma, ha sottolineato papa Leone, «se Dio non si è fatto uomo, come possono i mortali partecipare alla sua vita immortale? Questo era in gioco a Nicea ed è in gioco oggi: la fede nel Dio che, in Gesù Cristo, si è fatto come noi per renderci partecipi della natura divina». Non è una questione che riguarda secoli molto lontani. Il papa ha parlato infatti del rischio di un arianesimo di ritorno quando Gesù viene ridotto a una sorta di «leader carismatico o di superuomo». Il secondo articolo, di Andrea Tornielli dal sito Vatican News, riguarda la parte libanese del viaggio papale. Il Libano, caso unico nel Medio Oriente tormentato da guerre e terrorismo, da lacerazioni profonde e da contrapposizioni radicali, è un paese in cui ancora oggi convivono fedi diverse. È un segno che non è inevitabile arrendersi alla guerra e all’odio. È un paese che documenta concretamente che ci sono le condizioni, sia pur tra mille difficoltà, per affermare la pace.

Non rinunciamo alla lettura
29 Novembre, 2025

«Quando le persone smettono di leggere – di dare un senso al testo su una pagina – perdono anche la capacità di dare un senso al mondo. In gioco c’è nientemeno che il destino dell’umanità, data l’intima connessione tra la parola scritta e la civiltà stessa». Lo scrive l’economista e saggista britannico Niall Ferguson in un articolo pubblicato il 16 novembre sul quotidiano inglese The Times di cui vi invitiamo a leggere una sintesi sul nostro sito. Un intervento che segue di qualche giorno un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera nel quale veniva evidenziato «il progressivo abbandono della lettura», in questo caso riferito al nostro paese. «Qui ne va davvero dell’avvenire del Paese – scriveva -, della qualità civile e umana degli italiani. Solo la lettura risveglia la mente, alimenta l’intelligenza, rende liberi. Tutte cose di cui c’è un gran bisogno». Il 22 novembre è stato invece Papa Leone a richiamare l’importanza della lettura «oggi più che mai». Leggere aiuta ad «unire mente, cuore e mani».
Apparentemente il crollo della lettura può risultare un dato del tutto secondario rispetto ad altri problemi più impellenti, in realtà rappresenta una regressione pericolosa che mina la stessa libertà delle persone come segnala Ferguson. Nel nostro piccolo ci sembra interessante l’esperienza fatta in questi anni come Fondazione San Benedetto, soprattutto attraverso il Mese Letterario ma anche con la nostra newsletter domenicale, nel far appassionare alla lettura di grandi autori come di articoli dalla stampa o di testi significativi. Per molti è stato anche un percorso di riaffezione «per contagio» all’esperienza della lettura. Una strada sulla quale intendiamo continuare.

Cerca

Categorie

  • Fissiamo il Pensiero
  • I nostri incontri
    • I nostri incontri – 2015
    • I nostri incontri – 2016
    • I nostri incontri – 2017
    • I nostri incontri – 2018
    • I nostri incontri – 2019
    • I nostri incontri – 2021
    • I nostri incontri – 2022
    • I nostri incontri – 2023
    • I nostri incontri – 2024
    • I nostri incontri – 2025
  • Mese Letterario
    • 2010 – I Edizione
    • 2011 – II Edizione
    • 2012 – III Edizione
    • 2013 – IV Edizione
    • 2014 – V Edizione
    • 2015 – VI Edizione
    • 2016 – VII Edizione
    • 2017 – VIII Edizione
    • 2018 – IX Edizione
    • 2019 – X Edizione
    • 2021 – XI Edizione
    • 2023 – XIII Edizione
    • 2024 – XIV Edizione
    • 2025 – XV Edizione
  • Scuola San Benedetto – edizioni passate
  • Tutti gli articoli

Education WordPress Theme by ThimPress. Powered by WordPress.

VUOI SOSTENERCI?

Siamo una fondazione che ha scelto di finanziarsi con il libero contributo di chi ne apprezza l’attività

Voglio fare una donazione
Borgo Wührer, 119 - 25123 Brescia
info@fondazionesanbenedetto.it

Resta sempre aggiornato

Iscriviti subito alla nostra newsletter per non perderti le attività e gli eventi organizzati dalla Fondazione San Benedetto.

Iscriviti

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Copyright © Fondazione San Benedetto Educazione e Sviluppo

Mappa del sito | Privacy Policy | Cookie Policy

Sito Web sviluppato da Nida's - Nati con la crisi.

Privacy Policy | Cookie Policy