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La ferocia della guerra e la valanga dell’odio

  • Data 8 Maggio 2022

di Marina Corradi

da Avvenire – 7 maggio 2022

È una foto della Associated Press. Non è girata molto sui media. Forse non l’avete vista. Vicino a Kharkiv, in una zona riconquistata dagli ucraini, qualcuno ha spostato quattro cadaveri di soldati russi: due corpi per il lato obliquo e due per quelli orizzontali, a formare una Zeta sull’asfalto. L’area è sorvolata dai droni dell’esercito russo. Vista dall’alto, quella Zeta promette: ecco che fine farete.
Dicevo, la foto non ha girato molto. Forse perché mostra qualcosa che non vorremmo vedere: la crudeltà di cui possono essere capaci anche le vittime. In Ucraina alcuni militari russi hanno fatto, sta emergendo, cose atroci – torture, stupri, stragi. L’Occidente parteggia per l’Ucraina invasa. Ma quella foto con i corpi dei nemici monchi e carbonizzati usati, come pezzi di Lego, per scrivere una lettera di sangue, ci scuote. Tendiamo a pensare che le vittime siano sempre “buone”, ma la ferocia di una guerra come questa non risparmia niente. Il sapere, l’assistere: la voglia di vendetta. La bestialità può scatenare disumanità anche nelle vittime. In guerra si respira veleno, un veleno che trasfigura.
Quei quattro corpi della Zeta, chissà. Magari giovani soldati caduti in un’imboscata. Anche loro, a casa, avevano qualcuno che li attendeva. A Mosca questa foto genererà altro odio. Come una valanga, che travolge e ingoia ogni cosa in un’unica mole opaca.

https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/quelli-della-zeta

 

 

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Lo scenario in cui si gioca questa sfida è quello di oggi segnato da un’esplosione di violenza insensata che, dalle guerre alle pareti domestiche, sembra non conoscere limiti. Insieme ci sono la crisi delle nostre democrazie liberali e il clima di sfiducia che pervade la società e avvelena le relazioni. In questa situazione pensare che la soluzione sia «staccare la spina» e rifugiarsi in una comfort zone è solo una misera illusione. È una forma di alienazione che stacca la spina prima di tutto da se stessi. L’invito è invece a ripartire dal desiderio di bene che resiste nel cuore di ciascuno, a fargli spazio dentro tutte le contraddizioni e le difficoltà in cui ci troviamo. Questo è anche ciò che ci interessa più di ogni altra cosa nelle proposte che facciamo come Fondazione San Benedetto.

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