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- Data 17 Marzo 2019
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Perché credere conviene
Come suggerimento di lettura questa settimana vi proponiamo un’intervista inedita di Joseph Ratzinger, pubblicata nel 1988 solo sull’edizione tedesca dell’Osservatore Romano, contenuta nel volume delle sue opere in uscita il 25 novembre. Già allora appariva evidente, e tanto più lo è oggi, che non è più possibile essere credenti «per conformismo» o perché «trascinati dalla corrente». In questo panorama la religione non è sparita ma «va diffondendosi sotto forma di surrogati e degenerazioni». Il ricorso alle superstizioni o ad altre pratiche trascendentali ne sono un esempio. In un ambiente sempre più secolarizzato da dove può arrivare una riscoperta della fede cristiana?
Ratzinger non ha dubbi: «Il Vangelo diviene credibile là dove ci sono persone che se ne lasciano completamente afferrare e dove l’esperimento della vita diventa la sua conferma. Non abbiamo bisogno di ricette (ce ne sono sin troppe), ma di persone che sono colpite dal Vangelo». E poi ci sono «le crepe, nel mondo autoprodotto della banalità», che diventano sempre più evidenti e che possono aprire la strada al riconoscimento che nessun uomo può farsi da solo e all’incontro con Dio.
«Tra vita e morte»: il video dell’incontro con Violante e Carrón
Far brillare la vita per non abituarci alla morte
«Della morte è fastidioso parlare perché non abbiamo un rapporto serio con la vita». Lo ha detto Luciano Violante nell’incontro promosso venerdì sera a Brescia dalla Fondazione San Benedetto per presentare il libro dell’ex presidente della Camera «Ma io ti ho sempre salvato». L’aula magna del Centro Paolo VI era gremita di pubblico e una seconda sala era videocollegata. Violante ha risposto ad alcune domande arrivate da persone che hanno letto il suo libro, insieme a don Julián Carrón, docente di teologia alla Cattolica di Milano. È stato un confronto molto intenso, impossibile da riassumere in poche righe; nei prossimi giorni sarà possibile riascoltarlo nel video dell’incontro che metteremo a disposizione online sul sito della fondazione. Qui richiamiamo solo alcuni piccoli flash dagli interventi. Nel libro viene messo a tema il nostro rapporto con la morte non in modo astratto o filosofico, ma partendo dall’esperienza personale dell’autore che mentre lo stava scrivendo ha dovuto affrontare la scomparsa della moglie dopo 56 anni di matrimonio. Per Violante oggi c’è una sorta di assuefazione alla morte. «Assistiamo alle guerre in televisione come se fossero un videogame, tra una notizia e l’altra. Il loro ripetersi ci ha fatto acquisire un sentimento di insensibile convivenza. È come se i meccanismi tecnici tendessero a prevalere dentro di noi. C’è una “cosizzazione” delle persone, persone ridotte a cose e non c’è reazione su questo. Mi pare di assistere a una sofferenza senza misericordia». Per Carrón è il momento di tornare ai fondamentali «per rispondere all’indebolimento della persona. L’Illuminismo ci ha lasciato in eredità una razionalità ridotta a ragione strumentale. Davanti a una tragedia come quella di Valencia ci rendiamo conto che la vita urge. Se ciò che accade non diventa occasione per tornare a farsi domande, per crescere, per aumentare la nostra consistenza umana, ne usciremo ogni volta più indeboliti. Eliot si chiedeva dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo. Non basterà neppure la conoscenza».
La vita, sottolinea Violante, «è una lotta tra il bene e il male.