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Partiti, prove d’orchestra

  • Data 9 Ottobre 2022

di Giorgio Vittadini

da ilsussidiario.net – 7 ottobre 2022

https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2022/10/7/partiti-prove-dorchestra/2417903/

Alla vigilia della formazione del nuovo Governo vorrei porre, in un impeto di ottimismo, una questione per me centrale: si può sperare che gli attuali partiti evolvano verso forme e posizioni riconducibili a ideali chiari, come accade in altri Paesi? Sarebbe un passo molto importante. La cosiddetta Seconda Repubblica si contraddistingue per partiti molto capaci di vincere elezioni dall’opposizione, ma fragili e sfilacciati quando sono andati al Governo. Ne è controprova il fatto che non sono stati sfiduciati dalle opposizioni, ma dal disgregarsi delle loro stesse maggioranze.

L’esempio più eclatante è quello del Pd. Ispirandosi ai valori socialdemocratici europei, il partito che si sta preparando a sostituire Enrico Letta avrebbe potuto essere decisivo nel rilanciare una politica che tenesse insieme democrazia, economia sociale di mercato con una robusta finanza pubblica, coesione, solidarietà, pluralismo culturale, tutela dell’ambiente, confronto con i grandi cambiamenti in atto andando oltre chiusure e istinti difensivi. Tuttavia, per le ragioni ben rappresentate da Gianluigi Da Rold in questo giornale, la sinistra italiana ha evitato negli scorsi decenni di scegliere una chiara strada riformista al servizio del mondo del lavoro e contro le diseguaglianze.

Come gran parte della sinistra mondiale, anche il Pd ha abbracciato la logica del mercato o ha scelto di privilegiare soprattutto il mondo dei diritti individuali, diventando di fatto un partito radicale di massa, come aveva preconizzato Augusto Del Noce. Paradossalmente, in questo quadro, una componente minoritaria del Partito democratico ha anche scelto di continuare a rappresentare le istanze di uno statalismo vetero-comunista datato, il quale considera il «privato» come il “cattivo” a cui fare la guerra, senza considerare che il mondo che invece anima in profondità la nostra Italia è costituito di piccole imprese, realtà del non profit, scuole libere, media borghesia. Ne è nato l’attuale confuso coacervo: riuscirà il prossimo congresso del Pd a far nascere quel riformismo di cui l’Italia ha bisogno dai tempi di Filippo Turati?

La «mutazione genetica» più attesa riguarda il vincitore del 25 settembre, cioè Fratelli d’Italia, che in Europa aderisce al Partito dei Conservatori e dei Riformisti europei, una formazione euroscettica di cui Giorgia Meloni è Presidente dal 2020. È auspicabile che abbandonino ogni rifermento populista e sovranista anti-europeo, perché possano rappresentare in Italia quel profilo conservatore presente in molti Paesi basato su libertà individuali, liberazione da un’ossessiva burocrazia statale, affermazione della democrazia parlamentare, integrazione europea che eviti eccessi federalisti.

C’è poi il nodo del Ppe, sottorappresentato nel nostro Paese da Forza Italia, partito sempre più marginale con l’invecchiamento di Silvio Berlusconi. Perché non sperare che – anche a grazie a una legge elettorale più rappresentativa delle formazioni in campo – forze diverse (i moderati del Centrodestra, il Centro di Calenda-Renzi, Forza Italia) decidano di incarnare pienamente in Italia quella spina dorsale della politica europea rappresentata dal Ppe? Libertà e responsabilità della persona; centralità della famiglia, e dei corpi sociali; interclassismo, solidarietà nei confronti dei bisognosi, apertura agli immigrati aliena da politiche assistenzialistiche. Il tutto in un’Unione europea rafforzata politicamente dall’elezione diretta del presidente della Commissione, e basata in economia su un mercato unico sempre più integrato anche per la politica energetica.

A questo sviluppo, dopo il ridimensionamento elettorale, può legarsi anche la Lega ex Nord. Se prevarrà la linea di buona amministrazione tuttora presente in molte Regioni, senza ritorno a tentazioni separatiste, il partito, al momento guidato da Matteo Salvini, può avviare una naturale e auspicabile evoluzione per rappresentare in Italia qualcosa di simile alla Csu in Germania, partito fortemente radicato nella Baviera e fedele alleato della Cdu.

Infine i 5 Stelle, che nell’ultima versione di Giuseppe Conte hanno assunto finalmente i connotati di partito di sinistra. Potrebbero trasformarsi da partito dell’assistenzialismo a cantiere di una sinistra radicale, sempre presente nella storia politica italiana nelle più diverse forme, garantendo una presenza parlamentare a un dissenso che, se privo di pubblica rappresentanza, sarebbe pericoloso per la democrazia.

Riformisti, conservatori, popolari con un forte alleato regionale, radicali di sinistra: questo l’assetto auspicabile. A quali condizioni potrebbe verificarsi questo ritorno delle formazioni politiche italiane a concezioni ideali? Un siffatto cambiamento può avvenire solo per quei partiti che accetteranno di riconnettersi alle realtà sociali ispirate a degli ideali di bene comune. Se le leggi elettorali, a differenza di quanto avviene oggi, permetteranno al popolo di scegliere le persone da cui farsi rappresentare, il prossimo Parlamento potrà essere espressione di politici che in modo pluralista saranno in grado di progettare il futuro del Paese.

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piergiorgio

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Riprende da oggi l’appuntamento con la nostra newsletter domenicale «Fissiamo il pensiero» e, all’inizio di un nuovo tratto di cammino, vogliamo ripartire dal Meeting di Rimini che si è chiuso da pochi giorni. La passione ideale che è il vero motore di un evento come il Meeting unico per il suo carattere e la sua rilevanza in Italia, e probabilmente anche in Europa, pur con modalità e dimensioni diverse, è la stessa che ci muove come Fondazione San Benedetto. Del Meeting si sono occupati anche i media, dando spazio però, come avviene da anni, in modo prevalente agli incontri di tipo politico. Tutti appuntamenti interessanti e di livello, ma il Meeting è molto di più. Perciò abbiamo sempre invitato tutti a trascorrere almeno un giorno in fiera a Rimini, unico modo per evitare giudizi affrettati e parziali. Quest’anno attorno alla frase di T.S. Eliot «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi» (titolo dell’edizione 2025) in sei giorni si è sviluppato un programma di incontri, mostre e spettacoli davvero ricco. Solo a titolo di esempio ricordiamo gli incontri col Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo a 1700 anni dal Concilio di Nicea, con due madri, una israeliana e l’altra palestinese, che hanno perso un figlio, testimoni di una riconciliazione possibile, con lo scrittore spagnolo Javier Cercas. E poi le mostre da quella sui martiri di Algeria a quella su Vasilij Grossman, da quella su Carlo Acutis a quella sulle voci dall’Ucraina. Nell’ultimo giorno del Meeting è stato annunciato il titolo dell’edizione del prossimo anno che riprende il verso finale della Divina Commedia: «L’amor che move il sole e l’altre stelle». Su questo vi invitiamo a leggere l’articolo, tratto dal quotidiano online ilsussidiario.net, di Giuseppe Frangi, fondatore e vicepresidente di Casa Testori e amico della San Benedetto. Con lui stiamo già collaborando e altre iniziative sono in cantiere. Ricordiamo la serata dello scorso luglio a Brescia con la lettura nella chiesa di San Giovanni del dialogo sul Romanino fra Pasolini e Testori (a questo link lo potete rileggere).
Tornando al titolo del Meeting, questo sta a indicare ogni anno il passo di una storia che continua e che non si ferma a guardare indietro, bloccata su se stessa. È l’espressione di un ideale che si fa vita. Ben altro che un contenitore di eventi o, peggio, di intrattenimento. Si spiega così che dopo 46 anni il Meeting ci sia ancora e sia un luogo sempre interessante e sorprendente. Un percorso analogo lo stiamo facendo come San Benedetto. Abbiamo già in preparazione alcuni incontri sui temi dell’Europa e dell’intelligenza artificiale, e tanto altro, non mancheremo di tenervi aggiornati. Al di là delle singole iniziative la fondazione è prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia aperto a tutti. Intanto siamo già in grado di confermarvi che da giovedì 25 settembre alle 18.30 nella nostra sede di Borgo Wührer 119 a Brescia, ci ritroveremo per la Scuola di comunità. Partendo dalla lettura di alcuni testi di don Luigi Giussani è un’occasione per mettere a confronto domande ed esperienze che riguardano la nostra vita e il suo significato. Gli incontri, della durata di un’ora, si terranno con cadenza quindicinale sempre alle 18.30. La proposta è libera, gratuita e aperta a tutti. Chiediamo solo la continuità della partecipazione come segno di serietà nel percorso che ci apprestiamo a cominciare. Il giorno 25 verranno date indicazioni su come si svolgeranno gli incontri con il calendario fino a dicembre e sul testo di riferimento.

Qualcosa di più forte e profondo della distruzione
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La prima, pubblicata sul sito «La Nuova Europa», è di Adriano Dell’Asta, professore di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica e vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana. Racconta la storia di Alina, giovane donna ucraina, malata di cancro in fase terminale, che nei suoi ultimi giorni di vita ha trovato accoglienza in un hospice a Charkiv, mantenuto aperto anche sotto le bombe. Tutto sembra perduto, senza speranza, in guerre ogni giorno sempre più distruttive e spregiatrici di giustizia e umanità… eppure c’è chi lotta e resiste per accompagnare sin nella morte chi è senza speranza e riaffermare una dignità e una pace che nessun malvagio può cancellare. È l’infinita sorpresa di un miracolo reale che non sapremmo neppure immaginare.

La seconda testimonianza ci è offerta dalla dichiarazione fatta dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo rientro dalla visita a Gaza insieme al patriarca ortodosso Teofilo III. «Siamo entrati – ha detto aprendo la conferenza stampa – in un luogo devastato, ma anche pieno di meravigliosa umanità. Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi».

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Non ci arrendiamo alla perdita del senso della vita
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