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Europa, corpi intermedi e democrazia, una questione vitale

  • Data 7 Giugno 2025

Dopo l’incontro del 29 maggio in occasione dei vent’anni della San Benedetto in cui è stato rilanciato il tema dei corpi intermedi e del loro ruolo fondamentale per non svuotare la democrazia, questa settimana vogliamo continuare l’approfondimento proponendovi un intervento pubblicato pochi giorni fa sul Sole 24Ore del rettore dell’Università Cattolica Elena Beccalli. Nell’articolo si mette in evidenza come le formazioni sociali, i corpi intermedi, tutte quelle realtà che fanno della società non una somma di io isolati, anonimi e autosufficienti ma l’articolarsi di soggetti in continua relazione tra di loro, siano uno snodo fondamentale per riuscire a coniugare competitività e solidarietà. Questa è stata la forza (forse oggi un po’ appannata e confusa) del modello europeo anche a livello economico. In Italia questo modello di economia sociale, ricorda Beccalli, ha una storia importante fatta di «mutualismo, comunità, sussidiarietà» che oggi ha bisogno di un nuovo «slancio» creativo per continuare. E così in Europa. In un quadro mondiale sempre più «terremotato», come si può intuire, si tratta di una questione vitale. Su questi temi come fondazione intendiamo lavorare e proporre iniziative nei prossimi mesi.

A luglio a Brescia la Summer School su «Arte e realtà»

Da mercoledì 9 a venerdì 11 luglio, con il sostegno della Fondazione San Benedetto, è in programma a Brescia la Summer School dell’associazione «Il rischio educativo», quest’anno dedicata al tema «Arte e realtà, la bellezza per conoscere». Si tratta di un corso residenziale rivolto in modo particolare a insegnanti di ogni ordine e grado, dirigenti scolastici e docenti universitari che si svolgerà nella sede del Centro Paolo VI con visite guidate alla città romana, medievale e moderna. Tra gli appuntamenti anche una serata nella chiesa di San Giovanni sui dipinti del Romanino rivisti attraverso le parole di Pier Paolo Pasolini e di Giovanni Testori. Poiché i posti sono limitati si consiglia di iscriversi al più presto inviando una mail [email protected]. A questo link trovate tutte le informazioni. Il corso si articola in sessioni di lavoro plenarie curate da docenti universitari e esperti e in laboratori divisi per gradi scolastici. A completamento in ogni giornata sono previsti incontri di cultura e di arte.

Segni di vita e di speranza in Libano

Nei giorni scorsi Graziano Tarantini e Andrea Fumagalli in rappresentanza della San Benedetto, insieme ad altri amici fra cui l’ex ministro Mario Mauro e Amal Baghdadi, presidente dell’associazione La Speranza che da Brescia raccoglie aiuti per il Libano, sono stati a Beirut. In questa occasione è stata posta una targa in ricordo di Paolo Fumagalli (era stato tra i fondatori della San Benedetto, ci ha lasciato a gennaio) all’interno del Cafè Agonista, un bar pasticceria che dà lavoro a una ventina di ragazzi disabili.

Inaugurazione della nuova sede di George Bakery

Un progetto fortemente sostenuto da Fumagalli, come pure la forneria George Bakery di cui, sempre durante la visita a Beirut, è stata inaugurata la sede. È seguito un incontro anche con l’ambasciatore italiano in Libano Fabrizio Marcelli che ha voluto esprimere il suo apprezzamento e la sua gratitudine per queste iniziative.

Incontro con l’ambasciatore italiano a Beirut
Visita al centro Fadaii

Durante la permanenza in Libano, nel sud del paese, in una zona completamente devastata dalla guerra con città letteralmente rase al suolo, non è mancata una visita al Fadaii, il centro multiservizi progettato gratuitamente dall’architetto di fama internazionale Mario Botta e realizzato anche con il contributo della San Benedetto. Aperto nel 2023 oggi ospita corsi di recupero e doposcuola per migliaia di ragazzi, corsi per donne e agricoltori. È uno spazio di incontro e di attività per i giovani che offre pure servizi psicopedagogici e attività ricreative, in un’area in cui oltre a comunità libanesi sono presenti anche diversi campi di profughi siriani. Un luogo dove la vita in una situazione di gravissima emergenza può tornare a fiorire.


Le scelte dell’Europa

Un modello sociale che leghi solidarietà e competitività

di Elena Beccalli* – Il Sole 24Ore – 27 maggio 2025 

La conciliazione tra competitività e solidarietà in ambito economico-finanziario è una delle tensioni centrali nelle teorie economiche e nelle politiche pubbliche. Apparentemente, questi due concetti sembrano opposti: la competitività implica la selezione, il confronto e l’efficienza, mentre la solidarietà richiama redistribuzione, cooperazione e inclusione. Tuttavia, esistono approcci teorici che mostrano come possano coesistere e, addirittura, rafforzarsi reciprocamente. Sono tre le scuole di pensiero della cosiddetta «economia sociale». La statunitense, nata tra XIX e XX secolo, propone un approccio pragmatico in cui l’economia sociale è a servizio dello Stato, facendo di filantropia e organizzazioni non profit risposte private a problemi pubblici. La tedesca, conosciuta come ordo-liberalismo, che sostiene un’economia di mercato regolata in cui lo Stato esercita un ruolo attivo facendosi garante di equità, concorrenza e stabilità. Infine, la scuola italiana, che trova un forte impulso nell’Enciclica Rerum novarum di Papa Leone XIII e nel pensiero di economisti quali Giuseppe Toniolo, intende l’economia sociale come rete di relazioni fondata su mutualismo, comunità e sussidiarietà, riconoscendo un ruolo centrale a cooperative, imprese sociali e corpi intermedi nel promuovere una democrazia economica inclusiva.

Dunque, competitività e solidarietà non sono antagoniste, anzi devono essere in osmosi. È pur vero che la competitività è un punto critico per l’Europa che oggi è chiamata a riconquistare una posizione competitiva a livello globale. Alcuni dati recenti lo confermano chiaramente. Dal 2001 a oggi, l’Unione europea ha registrato una perdita del 30% delle quote di mercato globale in termini di valore aggiunto, cioè di ricchezza generata dalla trasformazione delle materie prime in prodotto finito. La quota dell’UE era poco più del 20% nel 2001 ma si è ridotta al solo 14,3% nel 2020. Nello stesso periodo, anche gli Stati Uniti hanno registrato un calo, ma più contenuto passando dal 22% al 16,3%. La Cina invece ha realizzato una crescita significativa, con una quota salita dall’8% al 27,3%. Tali scostamenti sono prima di tutto ascrivibili alle differenti situazioni demografiche, alla propensione media al rischio della comunità imprenditoriale, alla morfologia della struttura finanziaria oltre che al progresso tecnico. Da quest’ultimo in particolare dipende la produttività e quindi la potenzialità di crescita. Il differenziale della produttività del lavoro tra Europa e Stati Uniti, seppure abbia mostrato una leggera riduzione negli ultimi dieci anni, si attesta attorno al 20%.

Il recupero di competitività è un pilastro per solide politiche europee. Ma per ridare slancio all’Europa essa va posta in equilibrio con la solidarietà, un valore da non sottovalutare alla luce delle crescenti polarizzazioni e povertà, possibili fonti di sfiducia e perdita di coesione sociale. Del resto, la solidarietà è inscritta nelle stesse radici europee. La Dichiarazione Schuman lo esplicita: «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Salvaguardare il binomio competitività-solidarietà è fondamentale per preservare il modello sociale europeo, da più parti considerato il migliore al mondo. Il suo mantenimento richiede, però, scelte politiche difficili. Una prima via per attuarlo può essere la semplificazione normativa, come suggerisce il rapporto Draghi, e prima ancora il rapporto Letta. In effetti, la Commissione è impegnata da diversi anni nell’agenda Better Regulation e ha fatto dell’ulteriore alleggerimento del carico normativo uno dei punti centrali del mandato. La Commissione von der Leyen II ha posto il burden reduction tra i suoi obiettivi prioritari. L’intento è semplificare l’impianto normativo senza pregiudicare la protezione degli investitori e la stabilità del mercato. L’attuale assetto è il risultato di normative stratificate, che a volte generano oneri senza benefici in termini di competitività e pertanto sono eliminabili. Chiariamo bene un punto: la semplificazione non è, e non deve essere, deregolamentazione. La complessità dei livelli normativi accumulati in Europa, oggi un ostacolo al raggiungimento della competitività, va rivista valutando la sua conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità nonché la coerenza tra le misure in vigore. Un primo banco di prova sarà il pacchetto Omnibus sulla finanza sostenibile entrato in vigore il 17 aprile.

*Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

Tag:corpi intermedi, Europa, sussidiarietà

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piergiorgio

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Giovedì 29 maggio a Brescia, a Palazzo Loggia, si è tenuto l’incontro in occasione dei vent’anni della Fondazione San Benedetto. Il Salone Vanvitelliano gentilmente messo a disposizione dalla sindaca Laura Castelletti, era al completo con una platea attenta che ha seguito per oltre un’ora e mezza il dibattito: prima il discorso del professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, poi il racconto di tre giovani cresciuti nella San Benedetto (Laura Ferrari, Matteo Comini e Nicola Aggogeri) e gli interventi dei tre ex sindaci di Brescia Paolo Corsini, Adriano Paroli e Emilio Del Bono e infine le conclusioni di Graziano Tarantini. Tra il pubblico presenti diverse personalità e rappresentanti del territorio a cominciare dal vescovo di Brescia monsignor Tremolada. Nei prossimi giorni sarà online sul nostro sito il video integrale. Oggi, anziché riproporvi un riassunto di quanto è stato detto che, vista la ricchezza di contenuti, sarebbe inevitabilmente incompleto e parziale, vogliamo soffermarci, senza la pretesa di un discorso organico, solo su alcune parole che, nei diversi interventi che si sono succeduti, hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che in qualche modo descrivono anche il percorso compiuto fino a oggi e quello che intendiamo fare. Nulla di autoreferenziale o di celebrativo, ma la condivisione di un percorso aperto a tutti.

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