L’Europa e le «guerre culturali» sull’ambiente
di Antonio Polito
dal Corriere della Sera – 13 luglio 2023
Come la «questione democratica» nell’800 e la «questione sociale» nel ‘900, la «questione verde» si candida a diventare il nuovo grande discrimine tra destra e sinistra degli anni 2000. Non avviene di frequente che il Parlamento europeo, di solito assemblea sonnacchiosa e non usa a dividersi sui grandi ideali, si spacchi come ieri in uno scontro all’ultimo voto sulla legge detta del «Ripristino della natura» (vaste programme, avrebbe chiosato De Gaulle). È andata in pezzi la Grande Coalizione che regge la Commissione von der Layen: i Popolari di Weber hanno tentato il colpaccio alleandosi con le destre per far fallire il progetto, mentre le sinistre unite hanno sostenuto la legge di Timmermans, il commissario al Green Deal che sta diventando lo spauracchio di molti governi europei.
Che la transizione ecologica fosse un pranzo di gala potevano del resto pensarlo solo gli ingenui e gli utopisti. Sembra piuttosto fatta apposta per aprire divisioni nelle società opulente sulla base di interessi materiali e molto concreti, un tempo si sarebbero detti «di classe». Da un lato i ceti urbani, dall’altro quelli rurali. Da un lato i nuovi lavoratori dell’economia immateriale e digitale, che vorrebbero un mondo più rispettoso della natura, dall’altro chi lavora con la terra, i trasporti, gli animali, e dalla natura trae il suo reddito.
Da un lato i giovani che seguono Greta e si preoccupano del futuro del Pianeta perché è anche il loro, dall’altro chi teme di impoverirsi oggi in cambio di un domani che probabilmente non vedrà. Ci sono insomma tutti gli elementi per il grande dramma sociale, del genere che mette contro generazioni e ceti, che si trasforma in una «guerra culturale» tra progressisti e conservatori, tra rivoluzionari e reazionari. Stavolta ha vinto la sinistra in parlamento, ma alle prossime europee la destra tenterà la rivincita nelle urne, sfruttando il malcontento crescente soprattutto tra i contadini, i pescatori, i trasportatori, i proprietari di case, infastiditi dall’intromissione di un potere sovranazionale nelle loro vite quotidiane, perché costretti a spendere di più o a guadagnare di meno, a cambiare auto o a usare meno pesticidi, oppure a perdere superfici coltivabili (la legge prevede di «restaurare» il 20% delle aree terrestri e marine di tutta l’Europa da qui al 2030 per preservare la biodiversità).
In Francia, in Olanda, in Polonia e anche in Italia i governi sono molto allarmati. In Germania la crescita improvvisa della destra estrema è messa in relazione anche a una nuova ondata anti-Bruxelles. Tant’è che i Popolari si sono staccati dalla loro presidente von der Layen (tranne 21 deputati) pur di non farsi scavalcare a destra, e anzi facendo le prove generali di nuove maggioranze future con la destra: accusano il commissario Timmermans di essere un pasdaran dell’ambiente che porterà solo voti all’estremismo anti-ecologico.
Che la direzione di marcia indicata dalla Commissione sia giusta, c’è poco da discutere…
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